Biagia Marniti. Il canto della pietra.
Foto di Paola Casulli

Biagia Marniti. Il canto della pietra.

diElisabetta Stragapede

In questa immagine ossimorica è racchiusa l'esistenza umana e letteraria di Biagia Marniti, nata Masulli il 15 marzo 1921 a Ruvo di Puglia.

Quella Puglia che nel 1921 vive una situazione economica e sociale di arretratezza e miseria, si ribella con le lotte contadine, vede assassinato Giuseppe Di Vagno e nascere insieme il Partito Comunista d'Italia e il Partito Nazionale Fascista.

Nella temperie storica e culturale del Fascismo, in un periodo in cui per le donne era difficile realizzarsi al di fuori del ruolo tradizionale e subalterno di figlia, moglie e madre, nel 1938 Biagia Marniti con la sua famiglia, va a vivere a Roma per iscriversi alla facoltà di lettere.

Nella città eterna ha modo di frequentare gli ambienti culturali e letterari. Luoghi in cui, nell’immediato dopoguerra, gli intellettuali democratici preparavano la rinascita dell’Italia liberata e la “poesia nuova” della “scuola romana”, alla quale la Marniti aderisce. Tra i tanti conosce Cardarelli, che la chiama “principessa sveva” e Alba de Céspedes, che la sostiene nella pubblicazione di Più forte è la vita, edita nel 1957 dalla Mondadori nella collana I Poeti dello Specchio. La prefazione è di Giuseppe Ungaretti, che aveva conosciuto durante la frequenza dei corsi universitari e che resterà sempre il suo Maestro.

Finalmente il “canto di rara intensità” e la “vita che vive ancora solo per la poesia” troveranno compimento nel suo nome. Biagia Masulli sceglie  nom de plume Marniti pensando alla marma, roccia sedimentari delle Murge, per amore della sua terra; ma possiamo immaginare che questa scelta abbia anche una valenza metaforica, perché la stratificazione di questa roccia rimanda al sovrapporsi ed evolversi delle vicende della vita e alla durata nel tempo. Conserva, anche, il nome del santo armeno protettore della gola, probabilmente, sia per ribadire il suo legame con il paese natale, che per invocare chiarezza di canto al santo. Infatti la poesia della Marniti è, come scrive Arnaldo Bocelli, "poesia di intima confessione, di geloso autobiografismo, che però tendono non allo sfogo o al documento, ma alla liberazione attraverso il canto". E la poesia stessa è per la Marniti "l'invisibile respiro della vita" offesa o difesa insieme, "offesa verso tutto ciò che non va e [...] difesa per tutto ciò in cui il poeta crede".

Poesia come vita, dunque, continua scoperta si sé, ricerca della verità, impegno nel mondo, dialogo con gli altri, attenzione ai valori umani. Tutto viene interpretato attraverso il filtro della parola poetica. L'adesione iniziale all'ermetismo delle prime raccolte, del quale accoglie l'essenzialità espressiva, si scioglie verso un realismo meditativo nelle opere successive. L'argomento amoroso, elemento costante dei suoi versi, che inizialmente è leggerezza dei sensi e tormento, si trasfigura via via in umano afflato e in essenza poetica.

Cifra stilistica dei suoi versi, la cui produzione non può essere incasellata in nessuna specifica corrente letteraria, è il linguaggio epigrammatico, limpido, rigoroso, essenziale, musicale e sensoriale.

Come scrive Luigi Scorrano, per la Marniti "fare poesia [...] è coltivare l'ostinata ambizione di comprendere il senso dell'esistenza o attendere che una rivelazione si faccia strada proprio attraverso la dedizione alla scrittura".

a cent'anni dalla sua nascita rileggere l'opera poetica di Biagia Marniti, i suoi versi senza tempo e attualissimi, è voce che riecheggia ancora nella "necessità di canto".


   Biagia Marniti



Il silenzio dell’ulivo

La tua voce era il silenzio dell’ulivo

che cresce nella terra avara ma feconda.    

Paziente eri come l’ulivo.

Seguivi il secolo

con alacrità di anni giovanili,

a te quasi centenario nulla sfuggiva:

l’ironia scivolava senza malizia

e il sorriso

accompagnava i miei giorni.

Ora le astate foglie

gemono al vento

e nel lungo mormorio

ascolto, padre, il tuo silenzio.

ascolto, padre, il tuo silenzio.


SONO TERRA

Sono terra che uomo ha scavato.
Ora porto radici di albero e fiori.
Sua sarà l’uva e la spiga
perché il seme più alto germogli.

(da Più forte è la vita, Mondadori, 1957)





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