
Il simbolismo religioso come sistema di epistemologia semantica
Per la complessità degli argomenti che riguardano il pensiero umano, sarebbe una grave ingenuità oggi nel secondo millennio, in quella che Lyotard definisce un po’ troppo enfaticamente post-modernità, non dire che una questione così emblematica, così particolare come l’esperienza religiosa, sia possibile affrontarla classificandola come argomentazione semplice. E’ ormai da oltre un secolo che l’antropologia, la sociologia e la teologia, hanno restituito alla religione la dignità di elemento connaturale dello spirito umano, superando un equivoco generato da una visione positivista e iperrazionale della realtà. Non stiamo qui a ripercorrere la storia di questo equivoco, sfociato nella incauta definizione materialista della religione come oppio dei popoli. Nel tentativo di ridurre il simbolico,il valore simbolico, a pura apparenza della realtà, a forma iconica della realtà, il materialismo volgare ha prodotto una incapacità a comprendere questo fenomeno da parte di coloro che pure avrebbero dovuto leggere con attenzione le pagine gloriose di Marx su identità e feticismo. Dunque il XX secolo si incarica, attraverso l’opera di Levy-Brul, di M.Mauss, di Levy-Strauss, Max Weber, M.Eliade, G.Dumezil,W.Benjamin, E. Levinas, di Max Scheler e A.Ghelen, G.Bateson, S.Y. Rappaport, R.Guardini, di dare alla religione la dignità di sistema simbolico per eccellenza. E aggiungiamo noi di sistema privilegiato di epistemologia semantica, in qualche modo. Un approccio non ontologico alla realtà come pura soggettività fenomenologica, permetteva ad Husserl e meglio ancora a Merlau- Ponty, di tracciare la rotta verso una definizione antropo-fenomenologica della religione o più precisamente di quell’insieme di pratiche, riti, culti ed eventi che vanno sotto il nome di Religione. La Fenomenologìa della religione diventerà disciplina a sé con l’opera monumentale di R.Otto, di G.van der Leeuw, R.Bultmann, M.Eliade,K.Kerenyi,G.Scholem. Dunque è per forza di cose che siamo indotti a ricorrere ad una categoria di sistema. La logica sistematica in realtà ricorre per la prima vota in Aristotele (anche se la parola la dobbiamo a Sesto Empirico) che si incarica, -allontanandosi dall’Accademia dopo la successione di Speusippo a Platone, - di organizzare secondo criteri logici e di sistema appunto non solo il lascito del sommo maestro, Platone, ma anche dell’intero patrimonio filosofico della Grecia antica. A lui si devono l’introduzione degli aspetti categoriali delle procedure e dei sistemi logici, alla cui base secondo Aristotele bisogna ancorare la filosofia. Si tratta di passare dal mondo delle idee, delle forme platoniche alle successioni logiche degli ordini fisici, naturali e metafisici. E’ sua la decisone di classificare tutto lo scibile filosofico in Logica, Fisica e Metafisica, di distinguere la fase della teologia antica, cioè la speculazione antecedente all’urbanesimo illuminista greco (V-IV sec.a.C.) e la fase della Scienza come Conoscenza, come epistemologìa. Questo spartiacque dà per scontato un passaggio epocale, che segna irreversibilmente l’orizzonte della speculazione occidentale. Il passaggio dalla Trasmissione orale, mitica della realtà, che aveva fatto grande la Grecia arcaica e la civiltà egea, con il ciclo dell’Epos Omerico, alla civiltà della nuova scrittura ereditata dai Fenici di Cadmo. Le lettere, i caratteri fenici della cananea giudaica, segnano l’introduzione della nuova scrittura, economica, cittadina e cosmopolita. Accanto alla nuova scrittura dei Logoi, dei caratteri urbani della Polis greca, vengono trasmesse regole, sistemi di misura, sistemi politici, sistemi religiosi. Agli dei scorbutici e dissestati dell’Arcaicità, quali Poseidone, Demetra,Dioniso,lo stesso Zeus, viene sostituito un sistema religioso più attento al tèmenos, al recinto sacro, ai culti, all’aspetto ierofanico e disciplinare del sacro. Ordini religiosi e profetici, mantici, collegi sacerdotali e ierofanici, scrivono norme e regole dell’aspetto cultuale. In ogni città greca e della Magna Grecia, sacerdoti del Dio oggetto di culto, conservano linguaggi, riti e procedure che appartengono solo a quel Dio e non ad un altro. Un po’ come oggi sono i santuari e i tempi di culto maggiori della Cristianità .Le Dionisiache, le Orfiche, Le Nemee, Le Heree, Le Cibelee, le stesse Olimpiadi, sono eventi culturali di massa che interrompono il ciclo ordinato del procedere del Tempo biologico vengono iscritti nel tempo della polis. Il Tempo Religioso, si organizza a prescindere dal Tempo Politico, dal Tempo Economico, dal Tempo Evenemenziale. Diventa esso stesso un evento, diventa “Avvento”.
L’Avvento del Cristo, come già il profetismo oracolare in Daniele, ad esempio viene percepito come la fine di tutti i tempi storici, la fine delle quattro età in cui veniva diviso il tempo storico, la fine stessa della storia e l’avvento di un Tempo Nuovo(9). Diventa il Tempo, come aggettivazione del Templum, spazio riservato al divino, con i propri sacerdoti, con i propri sacrifici, con le proprie cadenze e ritmi corali, con i propri riti, con i propri codici linguistici, con la propria drammaturgìa. Si pensi a quella ierofanìa grandiosa che è la Tragedìa greca: Tempo di una Festa, Tempo liberato alla normatività del quotidiano, Tempo a volte dell’eccesso e del sacrificio, Tempo in cui il Divino taglia di netto la temporalità e scrive il suo Nome secondo un altro ordine e codice normativo, secondo il suo essere Nume, il suo esse deus. La specializzazione del sacro diventa la specializzazione dell’atto sacrale che il dio inaugura e fa. Ogni divinità, ogni santuario ha il suo particolare daimon, e ogni daimon ha il suo nume tutelare, e ogni nume tutelare o santo stabilisce il suo particolare carisma e il carisma del nume tutelare stabilisce il territorio, il dominio del sacro, la sua santità. “ Se si ha a che fare con una geografia interna o implicita nei miti, similmente le categorie specifiche della mitologia possono servire ad organizzare lo spazio, a delineare il paesaggio e i suoi dintorni. Ogni accidente del terreno può essere di supporto ad una frase del rituale, ad un gesto del cerimoniale e il paesaggio si trasforma in una mitologia in rilievo del quale il più piccolo dettaglio rivela un’azione eroica, la traccia di un dio,l’ingiunzione di un silenzio o la minaccia acustica di una interdizione”, così M. Detienne descrive il delinearsi del territorio sacro che il Nume, la potenza del numinoso, traccia sul territorio che così resta ritualmente delineato. L’urbazione del territorio,la cardinalizzazione degli assi centrali della città, la disposizione dei tribunali e delle are sacre, dei templi, i luoghi della foresta e i luoghi dell’abitato, i luoghi dove si manifesta il daimon, il genius loci, i recinti sacri dove si celebra il culto al dio o la tenda dell’Arca santa dove si manifesta il Dio,lo zampillare delle acque, i banchetti cerimoniali, le libagioni, che seguono o anticipano il sacrificio animale, lo scuotimento di un terremoto, sono la ritualizzazione cerimoniale di atti religiosi.“ In Grecia, gli dei nascono sulla terra; è il ricordo di Apollo e Artemide nati a Delos, di Hermes,generato in una caverna,Afrodite emergente dalle onde dell’Egeo,Vulcano che ha la sua casa in una operosa officina che sprizza fuoco”. Ecco perché sia stato possibile processare, condannare per empietà persino Socrate, che si difende dall’accusa di non onorare gli dei,citando la sua disposizione filosofica come attuazione di un detto oracolare(l’oracolo di Delfi): “Gnothi se auton!Conosci te stesso!”. Il Giudaismo e poi il Cristianesimo perfezioneranno l’assetto giuridico,legislativo, procedurale del culto, adottando una parola che sintetizzerà l’aspetto rituale, l’aspetto religioso, l’aspetto teandrico della religione:la liturgia. Azione drammatica, spettacolare volta a rendere esplicito ai devoti,l’atto di culto. Che dunque da parte di Marcel Detienne, Levy–Strauss, E.Durkeim, M.Eliade, M.Rodinsonn, E.Poulat, M.R.Hayuon, A.Cheng, M.Granet, R.Gombrich, A.M.Di Nola, Enzo Pace e A.M.Terrin (per citare i maggiori) si sottolinei la Religione come sistema di riti ed atti liturgici, per indicare l’evento di culto, ci induce ,- oggi-, a poter dire che non si può parlare della Religione, delle Religioni senza parlare dei sistemi di linguaggio, semiotici, rituali ad essi connessi. Fosse anche il sistema cultuale, culturale del Vodu o del Candoblè.
Scrive Seneca, a proposito della differenza di visione del mondo greco-romana, filosofica e pagana, e quella etrusca, fortemente intrisa di valori religiosi ed escatologici:”Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi…:noi pensiamo che i fulmini si producano in seguito all’urto delle nubi; essi invece ritengono che le nubi si scontrino perché si possano produrre fulmini e infatti, poiché attribuiscono tutto alla divinità, sono convinti, che le cose hanno un significato non perché avvengono, ma che esse avvengono in quanto portatrici di significati)(Sen.n.q.II,32,2).In questo passo Seneca, lucidissimo, mette in rilievo la differenza tra una speculazione naturalistica greca e poi romana con la concezione teologica e teleologica del mondo propria degli etruschi, che la elevavano a vera e propria Disciplina sacerdotale, aruspicina, in cui tutto il mondo fenomenico viene inquadrato in senso religioso e ritualistico in prodigia, ostenta e portenta.
Ci sono dunque aspetti culturali, antropo-filosofici e specifici che devono essere affrontati dentro e non fuori il sistema di linguaggio che il fatto religioso inaugura. La religione è un sistema orientato verso la ricerca di senso, in questo caso l’evento fondante: la Morte e la Resurrezione del Cristo, Il Nirvana del Buddha,la trasmissione della Thorà a Mosè, l’Ascesa al cielo di Maometto.
Ma un sistema cos’è? Ci pare utile e doverosa una definizione di una certa proprietà perché parlare di sistema religioso vuol dire porre la religione stessa sul piano dell’evento e ancor più della metacomunicazione che essa attiva, della sua epistemologia semantica. Nella definizione che ci pare più appropriata, riportiamo qui di seguito le parole di Niklas Luhmann:”In genere il concetto di sistema viene definito ancora nel suo significato tradizionale di un tessuto di rapporti che ordinano le varie parti in un tutto. Tuttavia, dietro questa rappresentazione di un ordine puramente interno di parti che si uniscono per formare un tutto, affiora una concezione del sistema di natura completamente diversa. Essa intende il senso della formazione del sistema non solo in un ordine puramente interno di parti, ma nel conflitto del sistema con il suo ambiente; soltanto questa problematica infatti indica quale ordinamento interno può affermarsi con successo e deve essere conservato e protetto dalle minacce provenienti dall’ambiente. Tale concezione del sistema trova il suo simbolo fondamentale nell’organismo vivente”.
Se la prima parte non pone problemi al senso comune di studiosi e non, la seconda parte dell’affermazione di Luhmann è di un certo rilievo in quanto pone il problema della demarcazione territoriale dell’evento di culto. E non potrebbe essere altrimenti. Chi potrebbe negare che la Morte e la Resurrezione del Cristo sia uno spartiacque all’interno della concezione continuista della religione ebraica? Ne sono coscienti gli Ebrei e quanti si pongono oggi il problema dell’ebraicità del Cristo, dentro la continuità della fede ebraica.Chi si potrebbe opporre alla specificità dell’Islam dentro la triade del Monoteismo?Il problema non è lì evidentemente, ma nel fatto che una identità sociale e religiosa organizzata in un sistema ideologico e dottrinario, di fatto pone una questione di conflitto politico e giuridico sulla natura stessa del sistema che si auto organizza .Come attesta la storia del Cristianesimo che si affermò dentro e contro il sistema politico imperiale romano. Dunque un qualsiasi sistema biopolitico, organizza anche una demarcazione della sfera semantica e comunicativa, una biosemiosfera, che costringe gli altri sistemi ad autorganizzarsi reciprocamente, a definire se stessi come sistemi non identici ma dinamici e polemici tra di loro. Anzi potremmo considerare il senso di questa definizione di Luhmann, il senso stesso dell’organizzazione del pensiero che pensa. Sull’importanza cognitiva delle strutture semantiche di confine, sul concetto di bordure,di boundary così si esprime J.M.Lotman:”Poiché il confine è un elemento necessario alla semiosfera, essa ha bisogno di un ambiente esterno non organizzato e quando manca, se lo crea. La cultura non crea infatti soltanto la sua organizzazione interna, ma anche un tipo di disorganizzazione esterna. Così l’antichità si è costruita “ i barbari” e la coscienza “ il subcosciente” ” ed ancora : “quello che dal punto di vista interno ad una cultura appare esterno non semiotico, si può presentare ad un osservatore esterno come la periferia semiotica di quella cultura. Il punto da cui passa il confine di una cultura, dipende così dalla posizione dell’osservatore” e poi ancora: ”Il confine è un meccanismo bilinguistico, che traduce le comunicazioni esterne nel linguaggio interno della semiosfera e viceversa. Solo col suo aiuto (del confine) la semiosfera può così realizzare contatti con lo spazio extra sistemico o non semiotico). Questo è evidente per il vivente, per la storia delle idee, ed infine per la storia delle religioni e del pensiero religioso.
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