Le perle di Cristina Annino
Elio Scarciglia, Venezia, 2022

Le perle di Cristina Annino

diFloriana Coppola

Il 28 gennaio 2022 muore Cristina Annino. Poeta, scrittrice,  artista originale e spiazzante. Il suo ultimo libro di poesie uscirà postumo e tanti oggi che si interessano di poesia non la conoscono ancora. Il destino infausto di chi, per natura e destino, si sottrae ai facili passaggi della visibilità contemporanea. Merita allora di essere ricordata e studiata con attenzione e riguardo. Studiò Lettere Moderne a Firenze. Dopo la laurea, entrò in contatto con il Gruppo '70,  ma non si lasciò coinvolgere dalla poetica del gruppo. Nel 1980 vinse la prima edizione del premio della casa editrice Bastogi che pubblicò Il cane dei miracoli. Nel 1984 Walter Siti la inserì nell’antologia Nuovi poeti italiani, n.3 (Einaudi 1984). Nel 1987 pubblicò per Corpo 10 di Michelangelo Coviello Madrid, volume con cui vinse il Premio Pozzale Luigi Russo. Con Magnificat (Puntoacapo, Novi Ligure 2010), un libro antologico che raccoglieva testi dal 1969 al 2009 ottenne il Premio di poesia Lorenzo Montano. Nel 2012 venne dato alle stampe Chanson turca (LietoColle, Faloppio). Nel 2013 sue poesie furono inserite nel primo numero dell’almanacco di poesia internazionale “Quadernario. Ventisette poeti d’oggi” edito da LietoColle e diretto da Maurizio Cucchi. Del 2016 è la raccolta Anatomie in fuga (Donzelli Edizioni, Roma). Nel 2019 scrisse la raccolta poetica Le perle di Loch Ness (Arcipelago Itaca, Òsimo). 


Se cavi o no la perla di tasca / Sembra / cialtrone, fuso com’è col cosmo: il sole / splende però sente / tremare la terra. (Povero in canna, marito / ideale; ma chi lo conosce? Scopiazzati tutti lui vero) Ci sono storie così solenni sotto il cielo che solo le / bestie le sanno, coi fari. Lui a pelo / d’acqua spalanca Rodine, illumina branchie con lampo radente, poi / siede al fondo. Dio salvi/  l’anima ai pesci, canta come si / sente, che in voi la salute ha spento il pensiero!


Già in questo testo appare la forza affabulatoria e visionaria della penna di Annino, l’uso sgrammaticato e furente della punteggiatura, l’istrionico punto di vista che passa dall’interno all’esterno del reale, l’ambiguità del  pronome personale che suggerisce il continuo dinamismo emotivo e psicologico,  precedendo il pensiero.

In poche righe ho provato a tracciare  la vita particolare di questa autrice,  una vita in cui la poesia e l’arte hanno avuto un ruolo fondamentale. Il primo periodo del suo esordio fu un vero successo, apprezzata e stimata dai suoi amici poeti, mantenne la sua voce originale senza farsi condizionare. In una delle ultime interviste con Maurizio Cucchi, cercò di spiegare la sua fuga dall’Italia, il suo bisogno di farsi attraversare profondamente dalla vita, per fare poesia. Affamata di vita e di passioni, affamata di poesia, non poteva che allontanarsi per recuperare la sua centralità. È stata definita la sua poetica superrealismo, proprio per questo sguardo sul quotidiano assolutamente limpido e enigmatico, pieno di sfumature e di sollecitazioni esistenziali e metafisiche. Poesia concreta, linguaggio in azione, senza citazioni erudite e affettate.


Senza pace, con pena e senza girarmi mai, pestando mica pepe o caffè ma gardenie, io amo la mamma e i topi; li metto insieme chissà perché. O ancora perché voler bene a quel modo spezzato così in due, collo in giù, polvere senza cerniere, bottone, qualcosa. Sempre senza girarmi. I perché chiarendo la vita ai tram, alle piante. Lei, pura, mi dà questa riserva di bambù. Nient’altro. 


Poeti come Fortini, Porta, Giudici, Loi, Sereni, Pagliarani, Siti e altri l’hanno conosciuta e stimata. I testi di Annino sono poesie sorprendenti  e difficilissime perché bisogna entrare nel suo mondo, guardare con i suoi occhi ogni dettaglio che nomina e che rinomina. Elio Pagliarani ha parlato di scrittura automatica: delirio  e fantasia con parole di pietra.


«Solo dopo tanti anni ho capito che i versi erano già un preciso modo di pensare, che questo era antisociale, e che mi opponevo a ciò che vedevo tentando di sostituirlo con ciò che sentivo. La mia educazione poetica è quindi stata un’infanzia solitaria, dentro una casa rigorosamente priva di libri, e con la frequentazione, all’esterno, di persone vecchie per la mia età».


La sua poesia non nasce dalla frequentazione compiacente degli ambienti letterari, non viene concepita dallo studio sistematico della letteratura ma sgorga direttamente dalla sua vita, autobiografia che nutre la versificazione, trovando ritmo e musicalità stridente e radicale.


Questo mondo bidé, entra appena nei versi. Lo / prenderei a calci oggi o domani di forte / emicrania, ma schizza e basta / la ceramica per le galassie, più bianca / del CIF


Parole di scarto, incarnate nel vissuto quotidiano assumono una posizione centrale che destabilizza il lettore abituato a sofisticazioni linguistiche e stilistiche di intellettuale fattura. Annino si tuffa nella realtà senza concettualismi, ma immergendosi nelle immagini che si accumulano orizzontali e oblique. Cose minime che possono sembrare insignificanti entrano nel gergo poetico, intriso di altercalari di uso colloquiale, una parola che sembra più vicino alla forma teatrale che alla forma/libro. Anche l’universo zoologico è un elemento di forte connotazione: la volpe dei cani, l’uomo/cane, la donnina /lepre, le mosche. Presenze inquietanti che avvicinano l’io poetante a un io universale che anticipa il genere e ogni storia. Lontana da ogni compiaciuto autobiografismo, Annino cerca attraverso la sua scrittura di dare forma a ciò che si percepisce nel reale prima che agisca il pensiero che classifica, cataloga, ordina. Proprio questo disordine che affastella oggetti, crea una nomenclatura originale e inimitabile.


In ospedale senza elicottero né / ali; tutti spariti, tutti senza corrente, / remissivi, folli, che ognuno / porta acqua alla sua fonte. / Ti levano / dal letto, lo rifanno e rificcano lì. / Aspettando io in piedi nelle / fredde stature di me, senza più / fogli di sigarette, canne al vento / né radio; un siluro di gas invade / l’impiantito col mio cane dentro. / Dove/ dormirò, stanotte a manciate / con i fagotti, crollando nella tromba / del muro di scale, e la metratura / enorme di Dog; il suo pelo indice / di patimento per me!

Un poeta è tale quando crea un mondo, dove entrare significa guardare con i suoi occhi tutta la realtà circostante, trasfigurando quei dati, ogni particolare, quel paesaggio, quell’oggetto, quel personaggio, in una prospettiva insolita, assolutamente unica. Questo processo di straniamento e di prigionia affettiva avviene leggendo le magnifiche pagine di Cristina Annino. Non vorresti più liberartene, per la fascinazione che attanaglia e stordisce. Aspetteremo con ansia il suo nuovo libro, sperando che la comunità letteraria sia questa volta capace di non dimenticarla ma di renderle omaggio per la sua genialità.


La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.

Commenti

Lascia il tuo commento

Codice di verifica


Invia

Sostienici