Manfred Man: l'arte che sopravvive alla tragedia
Lungo il Cammino di Santiago o se prendiamo la via del mare, lungo la Via dei Fari, si estende, orgoglio di Galizia, il borgo di Camelle. È un piccolo villaggio di pescatori, con una costa dipinta di barche e di reti che ogni giorno giungono al porto, colme di pesce vivo. Tra l'oceano e il cielo la sua gente vive di terra e di mare, e di terra e di mare si lascia invadere il cuore.
Chi può sapere che il bel paese giace proprio sul quel tratto conosciuto come Costa della Morte? Certamente coloro che già sanno delle tragedie in mare in questo luogo, in anni non così lontani e ancora vive nell’anima.
Già nel 1897 gli abitanti di Camelle furono protagonisti nel salvataggio di uomini durante il naufragio di una nave britannica. Per questo atto di coraggio essi ottennero un’onorificenza.
E ancora, in una notte di tempesta, il fato avverso colpì la Yeoman, inglese, costruita a Liverpool, diretta in India con un carico di sale e carbone. Era il febbraio del 1904. I pochi sopravvissuti furono portati in salvo grazie alla generosità della popolazione locale. Non trascorsero molti anni perché un nuovo fatale evento si presentasse nella notte; erano le ventitre del 12 gennaio 1915 quando la Natalia, una nave spagnola s' inabissò a Pedra do Porto. Tutto l' equipaggio, questa volta, fu portato in salvo.
Altri incidenti seguirono causando anche perdite di petrolio che invase la costa. Il primo quello del 20 agosto 1934, quando la petroliera russa Boris Sheboldaev cedette alla sublime forza del mare e del vento, aggressivi nella nebbia, spezzandosi in due. Era una nave da 13.000 tonnellate quella che riversó oro nero sulla costa.
Fu in questo luogo di sfida estrema tra Eros e Tanathos che giunse in un giorno benedetto Manfred Gnädinger, il cui spirito pacifico ma irrequieto ancora s’aggira in riva al mare.
Era nato in Germania, a Radolfzel, non lontano da Friburgo e ultimo di sette fratelli, sin da ragazzo, si era dedicato all’arte della pasticceria. In Svizzera, a Zurigo, fu apprezzato pasticcere in rinomati caffè locali. Successivamente, attratto da professioni di carattere sociale, fu tirocinante alla Caritas di Francoforte sul Meno e presso l’ospedale di Saarbrücken, dove si impegnò per poter accedere alla scuola per assistenti sociali. Lavorò anche presso il riformatorio di Liestal, in Svizzera. Si trasferì poi a Lucerna, quella città, che con Basilea, avrebbe ospitato i suoi primi lavori di artista. Uomo d’arte dagli occhi posati sulla vita più autentica degli uomini, egli iniziò a sentire, si racconta, i primi richiami del “Kunstwelt”, nei quali sarebbero rientrati anche i suoi futuri “Wunderwerke”, dopo la morte della madre, nel 1952. Fu a Camelle che Manfred Gnädinger decise di coltivare il suo Kunstgarten. Sembra che fu il racconto appassionato di una vecchia conoscente, o forse, come si dice, la depressione a seguito di una delusione amorosa, a spingerlo verso la cosiddetta Costa della Morte, là dove volle fermarsi per sempre, in quel villaggio sul mare, la bella Camelle. Lo accolsero i galiziani, questo garbato signore dall’anima cattolica ( potremmo intendere come nei sermoni di John Donne, cattolico come universale), che in breve tempo ottenne un luogo dove stare, una casetta in pietra ben presto personalizzata da vari interventi e ornamenti dell’artista che non sempre piacquero ai proprietari. Manfred, che a Camelle ora tutti chiamano El Aleman, o semplicemente Man, iniziò a vivere in completa armonia con il cielo, la terra e il mare. Questo rappresentavano le sue sculture sulla riva, questo soprattutto, armonia e amore per la vita, un oltre creato da due mani operose, da due occhi rapaci e dolci. Man era ora un uomo nuovo. Aveva abbandonato gli abiti convenzionali, per indossare solo un drappo di stoffa, una sorta di perizoma, aveva costruito una capanna in riva all’oceano, dove non c’era elettricità, né decoro, solo vita, vita in comunione con la natura, egli stesso natura. Vegetariano e attento a tutti gli esseri viventi egli creava, modellava e decorava il lungomare di Camelle. E scriveva, fotografava le meraviglie del mare, nuotava nelle gelide acque e viveva, viveva, viveva.
Anche la diga frangiflutti, la cui costruzione non rispettò l’estensione del suo giardino, e alla quale lui fermamente si oppose sdraiandosi a terra e creando con il suo stesso corpo sagome artistiche, visibili ancora oggi, divenne parte delle sue creazioni. Le sue opere venivano dal mare e poi lui le lavorava: erano ossa, utensili, attrezzi dei pescatori, sassi, che i suoi occhi vestivano di nuovo, donando loro nuove forme e nuovi colori, spesso vivaci e tondeggianti. Erano ammessi visitatori al suo Giardino Museo, ai quali era chiesto 1 euro per poter vedere le opere dell’artista. In cambio, adulti e piccoli, ricevevano un quadernetto e pastelli colorati, sui quali potevano dar vita a una libera interpretazione di ciò che vedevano, usando l’immaginazione.
Ma giunge, spesso, l’attimo di rottura, anche nelle idealiste “unioni di anime costanti”, come quelle delle cose della natura e quindi dell’uomo e delle sue stesse opere. Fu quando, nuovamente, la Costa della Morte, fu teatro di tragedia. La petroliera Prestige, partita da San Pietroburgo e diretta a Singapore, affondò il 19 novembre 2002. La nave trasportava 77 mila tonnellate di petrolio, che si riversarono in mare e si depositarono sulle coste della Spagna, della Francia e del Portogallo. Enormi furono i danni all’ecosistema, migliaia di animali morirono nella catastrofe, che compromise incredibilmente l’attività dei pescatori, principale fonte di sopravvivenza del luogo. Come avvenne nelle precedenti tragedie, gli abitanti della Costa della Morte, la gente di coraggio di Camelle, s’adoperarono per ripulire la costa. A loro si unirono decine di migliaia di volontari dall’Europa tutta, tutti insieme per far rivivere la costa galiziana con le sue scogliere.
Lo trovarono così. L’alemanno Manfred, il Man di Camelle, nudo, nella sua capanna, senza più respiro. Era il 28 dicembre 2002 e per chi lo conosceva bene, non c’era dubbio: era morto di dolore.
Qualche giorno prima, sommerso dalla sofferenza, aveva scritto il suo testamento al quotidiano La Voz de Galicia, nel quale esprimeva il desiderio che tutto fosse lasciato così, macchiato di nero, affinché si prendesse coscienza delle cattive azioni dell’uomo.
Il pellegrino che oggi giunge in quei luoghi può visitare il Museo di Man, la sua casa, vedere le cose che egli riadattava perché non servivano più a nessuno. Basta un euro, ancora, per entrare nel suo mondo. Non è luogo per turisti, è luogo per pellegrini.
E Man aveva ragione: l’arte non serve a nessuno. Ѐ “Art for Art’s sake”, come diceva Wilde, ed è questa la sua grandezza.

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