Venezia. L'inesauribile bellezza
Elio Scarciglia, Venezia, 2022

Venezia. L'inesauribile bellezza

diTeresa Mariniello

Questa città è bellissima e io finirei per lasciarmi prendere dal suo fascino, diventerei pigro…

Venezia sarebbe la mia fine!

Hugo Pratt, Corto Maltese 

L’angelo alla finestra d’oriente, 1971



Con poche parole il personaggio avventuroso di Hugo Pratt tratteggia la città. 

Sullo sfondo della vignetta è ben visibile la chiesa di San Marco con le sue cupole e subito dopo, mentre passeggia dialogando, il Palazzo Ducale con i suoi portici. Già lontano è il campanile.

Corto Maltese è sulla Riva degli Schiavoni, con lo sguardo verso il mare è già pronto a vivere un’altra delle sue avventure che lo porteranno lontano. Se rimanesse nella città resterebbe intrappolato dal suo fascino e dalla sua magia. 

Noi invece restiamo sulla riva monumentale per entrare da quella che definirei la porta principale della città, ben visibile dalla laguna e segnata da due alte colonne che portano in alto la statua di San Teodoro e quella del leone.

 Elio Scarciglia, Venezia 2022

Entrambe sono rivolte verso quello spazio che, unico a Venezia, viene chiamato piazza e che consta in realtà di tre piazze che si innestano tra loro creando giochi di prospettive inusuali e innumerevoli punti di sosta. 

Oltrepassata la porta la città si presenta con la sua prima immagine, quella del potere civile. Forte, serrato, pronto a dispiegare le vele per nuove conquiste in terre lontane. 

In piazzetta San Marco costeggiamo la facciata gotica di Palazzo Ducale, ne leggiamo i rimandi all’architettura bizantina e a quella orientale ricordando quali fossero i rapporti tra la Serenissima e le altre potenze del tempo. Il massiccio corpo di fabbrica poggia su colonnati intarsiati e portici ampi, invertendo quello che è stato per lungo tempo un principio statico consueto.

Ci accorgiamo nell’avanzare nella piazza della sua forma trapezoidale, come se fosse un ingresso che si allarga per mostrare altro. Si scorgono infatti due elementi importanti della piazza successiva, la Torre Campanaria, baricentro della composizione architettonica di tutto il complesso, e la Basilica di San Marco, foresta di colonne inondata di luce.


Ma intanto il Monumento ai Tetrarchi, posto all’angolo sud della Basilica e vicinissimo alla Porta della Carta, ci trattiene perché sembra provenire da un altrove.

Il porfido rosso spicca nella corte muraria chiara, la foggia degli abiti e i tratti del viso rimandano a luoghi diversi. Il gruppo scultoreo proviene infatti da Costantinopoli e fu portato nella città dopo una delle guerre crociate condotte dalla Serenissima.

Entriamo infine nello spazio che era prima un grande orto attraversato da rii e che è ora un grande salotto dove la città mostra la sua immagine culturale e religiosa. 

Anche questa piazza è di forma trapezoidale con portici che corrono tutti intorno e con loggiati superiori che alleggeriscono la compattezza degli edifici, quello delle Procuratie vecchie e quello delle nuove, congiunte dall’Ala Napoleonica dove si restringe il disegno della piazza. 

Sotto i portici, gioco di ombre e filtro tra pieno e vuoto, un susseguirsi di negozi e caffè.

Tra questi due piccoli gioielli di architettura di interni, il Caffè Florian e il Negozio Olivetti.

Il primo è il più antico caffè del mondo. Dal 1720 nelle sue sale scintillanti di luci e specchi, con decorazioni settecentesche e divanetti rossi si sono incontrati personaggi noti come Casanova, Goldoni e altri; ancora oggi il caffè continua ad essere anche un luogo sia di ritrovo per esponenti del mondo culturale e dello spettacolo che di esposizioni di mostre d’arte contemporanea. 

Il secondo, il negozio Olivetti, fu commissionato all’architetto Carlo Scarpa nel 1957. L’ambiente si presentava piuttosto angusto e buio, diviso in due da una parete e con due piccole scale per accedere al piano superiore. Il grande architetto rivoluziona lo spazio abbattendo la parete e ponendo al centro una scala che diventa il fulcro della composizione. In alto inserisce due ballatoi che si affacciano sullo spazio sottostante, impreziosito da materiali ricercati e da dettagli costruttivi che ne hanno fatto un’icona del design del novecento.

Tornando verso la Basilica cogliamo pienamente la ricchezza della facciata che si divide in due livelli. Il primo ha cinque protiri di cui il centrale porta decorazioni in bronzo e ottone. Al livello superiore la facciata arretra per far posto a una terrazza accessibile che porta al centro i quattro cavalli in bronzo presi da Costantinopoli nel 1200.

Elio Scarciglia, Venezia 2022

Più indietro, alte le cinque cupole.

Di fianco alla chiesa l’ultima piccola piazza, quella dei Leoncini, ancora trapezoidale e con lo sfondo occupato dalla facciata del palazzo del patriarcato di Venezia. Un piccolo luogo dove raccogliersi sulla bellezza vista e prepararsi ad accogliere quella intravista attraverso la cortina delle Procuratie vecchie, il rio del Cavalletto e subito dopo la Calle di S. Basso. 

Foto di Teresa Mariniello

Vie di acqua e di terra che portano ad altri luoghi, quello dei Campi dove ancora giocano liberi i bambini e quello delle Calli, larghe, o al contrario strette e dunque Calette, che formano l’intricato dedalo nel quale è meraviglioso perdersi.

Anche nel tempo. Come se percorressimo vecchi sentieri tra porzioni di terra con fatica conquistata, unite da piccoli ponti, arrivando poi al mare, agli azzurri di acqua e cielo da dove emergono sfumate le piccole isole in lontananza. 

E sentire come Venezia è solo il cuore pulsante dei tanti centri posti sulle isole, con il proprio impianto urbano caratteristico e intrecciato all’ habitat particolare della laguna.

Foto di Teresa mariniello

Quando la si lascia resta dentro un velo di malinconia per tutto ciò che si sarebbe voluto ancora vedere, attraversare e vivere, come per una sete che non si placa o per una storia d’amore che non si esaurisce.




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