Io sono nessuno
Elio Scarciglia, Torre Eiffel, Parigi

Io sono nessuno

diLoredana Semantica

Io sono nessuno e tu chi sei?

Sei nessuno anche tu?

Allora siamo in due!


I'm Nobody! Who are you? 

Are you - Nobody - too? 

Then there's a pair of us! 


E. D. 

 

F260, 1861


La famiglia nella quale nasce Emily Dickinson è tra le più in vista di Amherst, al punto che il Boston Journal nel 1883 scrive che non era mai stato chiaro fino a che punto la cittadina di Amherst fosse dei Dickinson o invece i Dickinson fossero di Amherst.

Il padre di Emily, Edward, oltre che avvocato, è politico membro del Congresso degli Stati Uniti, Tesoriere dell’Amherst College, Presidente dell’annuale mercato del bestiame della città, è in sostanza un personaggio in vista nella Comunità.  Occupato intensamente dagli affari e austero - Emily dice dei suoi sorrisi che sono così rari da essere  “imbarazzanti” - aderì al movimento della temperanza e, successivamente, alla Chiesa congregazionale nel 1950. Pare avesse una preferenza per la sua seconda figlia Emily, anche se cercava di non manifestarla.

La madre di Emily, Emily Norcross, è dicono, remissiva, amante delle scienze, sofferente di frequenti di malesseri indefiniti, probabilmente depressa, distratta, distante, molto religiosa, aderì alla Chiesa congregazionale già nel 1931, pochi mesi dopo la nascita di Emily

Completano la famiglia di Emily il fratello maggiore Austin, nato nel 1929 e Lavinia, la sorella, di due anni più piccola. Il padre volle per i figli un’ istruzione eccellente. Dopo le elementari frequentano tutti l’Amherst Academy, ma dal 1842 l’istruzione dei figli comincia a differenziarsi, mentre Austin viene inviato al Williston Seminary, Emily prosegue gli studi all’Accademia e successivamente nel 1847 si prepara e viene ammessa al Mount Holyoke Female Seminary a South Hadley, a circa 15 km da Amherst.   Durante la permanenza al College Emily si ammalò e dovette tornare a casa a curarsi per qualche tempo. Il timore era la tubercolosi, in quanto la cugina Emily Lavinia con la quale divideva la stanza al College se n’era ammalata.  Notevole importanza aveva al College la formazione religiosa. Le studentesse erano valutate settimanalmente in relazione alla loro religiosità, Le categorie applicate erano “cristiane affermate”, se di religiosità consolidata, quelle per le quali “c’era speranza” di conversione e infine le studentesse “senza speranza”. Emily apparteneva a quest’ultimo gruppo.  

Nell’agosto del 1948 Emily si ritirò da studi ufficiali per la volontà del padre di tutelare la salute delicata della figlia, oppure, si dice, perché rifiutò di firmare un giuramento di fedeltà a Cristo che la Direttrice del Collegio ,Mary Lyon, pretendeva dagli studenti. 

Per comprendere la vicenda occorre considerare che siamo nell’epoca del secondo Grande Risveglio religioso, un movimento che si diffuse negli Stati Uniti, nei primi decenni del 1800, raggiungendo la massima diffusione nel 1850. L’ambiente sociale nel quale visse Emily Dickinson ne era impregnato. Il Risveglio comportava l’aderenza ai precetti cristiani in maniera pubblica, una dichiarazione di conversione che veniva promossa con la predicazione nelle chiese.  L’obiettivo era diffondere l’educazione religiosa cristiana, incidere nel sociale, eradicare e i comportamenti contrari alla morale cristiana, indurre la ricerca della salvezza col pentimento dei peccati. Tutti i Dickinson si convertirono -  ultimo Austin nel 1856 -  tranne Emily che non giunse mai a tale determinazione, pur studiando le scritture, cercando il Divino, frequentando le funzioni e desiderando che un trasporto religioso la pervadesse. 

La tratteneva principalmente il senso repressivo del movimento che frustrava il suo senso di accoglimento entusiasta del mondo e il desiderio “trasgressivo” che si concretizzava sempre più convintamente nell’intenzione di dedicarsi alla scrittura.

 Col fratello Austin, specialmente in gioventù, Emily ha vissuto un senso di competitività, che traspare anche dalle lettere a lui indirizzate, per quanto estremamente affettuose, pervase anche da un atteggiamento critico, pungente, finalizzato – pare- anche a una sorta di “formazione” o allenamento del fratello per i compiti futuri. Di fatto Emily pur non essendogli intellettualmente inferiore, cessati gli studi, venne indirizzata alle necessità della famiglia e, in quanto donna, agli impegni di conduzione della casa, alle faccende domestiche, alla cucina. Incombenze casalinghe da lei non propriamente amate. Il fratello Austin invece aveva libertà di movimento, di proseguire gli studi, si laurea nel 1850, dopo qualche anno dedicato all’insegnamento, diventa avvocato presso lo studio del padre. 

Oggettivamente i limiti della condizione femminile nel XIX erano ben più evidenti di adesso. Oggi, almeno nel mondo occidentale, permangono retaggi educativi che si riflettono indirettamente nelle discriminazioni ancora presenti nell’ambiente sociale e lavorativo, contrastati tuttavia dalle norme. Allora i limiti e i condizionamenti per le donne erano presenti e ben più consistenti, giuridici innanzitutto, nel possedere e nel disporre delle proprie sostanze, nel partecipare alla vita politica e sociale, tali comunque che non consentivano a una donna di esplicare liberamente la propria personalità, seguire le proprie inclinazioni. In sostanza, se una donna non ambiva al matrimonio, non desiderava avere figli, non era portata per le faccende della casa era sostanzialmente una ribelle. Lo sforzo di “adeguamento” alle aspettative sociali certamente non restava senza conseguenze nella sfera psichica e intima.

Delineato il quadro, possiamo immaginare che Emily avrebbe preferito sottrarsi alle incombenze casalinghe, dedicarsi alla scrittura apertamente, proseguire gli studi, avere una carriera prestigiosa, insegnare o fare la scienziata, vivere in sostanza secondo altri schemi non conformi alla consuetudine, consapevole di averne le doti.

La compressione delle proprie inclinazioni, la percezione di aspirazione più grandi del soffocante mondo nel quale il proprio sesso, la salute, le circostanze la relegavano la indurranno a cercare un’alternativa vitale per lo spirito, una via di fuga: la dedizione alla scrittura. Questo processo di opposizione, apparente rassegnazione e ribellione segreta, consolidano l’idea di essere “nessuno”, una ness-unità che non solo si contrappone criticamente alla notorietà, ma più profondamente funge da catalizzatore del desiderio di affermazione che sente di appartenerle, del potente anelito che si accompagna alla spaccatura mentale tra l’essere e il volere, alla frammentazione e dispersione dell’intelletto fino alle soglie dell’inconsistenza o dell’eternità.

Una nullità che genera un continuo processo di transito dell’essenza nella scrittura, dove si riversa una vita di luminosità sfolgorante pari e in senso opposto all’ annichilimento percepito dell’autrice, inesprimibile se non in parola poetica.


La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.

Commenti

Lascia il tuo commento

Codice di verifica


Invia

Sostienici