Questa sibila dal suo antro
Elio Scarciglia - Lisbona

Questa sibila dal suo antro

diFloriana Coppola

Questa sibila dal suo antro

come se io potessi ascoltarla,

odo stridere e gracchiare

una profezia satura e già unta

dalla saliva di mille streghe,

questa prova a baciare la mia fronte

e io non conosco un altro antro

dove scappare.


Notevole l’esordio di questa giovanissima poeta, una voce mai acerba ma potente e consapevole di una segnatura pregnante. La grande risonanza della sua scrittura con la  grammatica drammaturgica è evidente. I suoi versi sviluppano una lente di ingrandimento sulla percezione della realtà. Ogni strofa,  dalla cifra epigrammatica,  mescola con grande sapienza il tono oracolante del coro greco alla forza profetica del femminino sacro. La Sibilla viene nei vari testi  richiamata in tutte le sue forme significative. La Sibilla è una figura esistita realmente nell’antichità, nella cultura  greca e romana. Le sibille erano fanciulle vergini, ispirate da divinità sagge e potenti come Apollo. Ricevevano responsi oscuri e ambivalenti  dal dio del sole e della musica.  Vivevano  in Asia Minore, in  Grecia, in Africa, ma anche Italia. La Sibilla  Cumana è una figura di grande ispirazione nel nostro Meridione. Zahira Ziello riprende il carisma mitologico di questo archetipo femminile e lo fa proprio, come se si mescolasse nel suo sangue e nella sua voce il richiamo suadente della donna medium, in profonda connessione con il mondo invisibile e  con il tempo futuro, capace di sentire con il suo intuito formidabile il destino degli uomini e del pianeta.


Vedo sangue affluire a riempire

le fosse, come a redimere

dalle mancanze.

Per i troppi intrighi

Il sangue è ormai malato

E sibila che per mille secoli almeno

Noi tutti non ci saremo.


Zahira ci presenta il fascino primitivo della Sibilla, che nonostante gli adattamenti etnici, culturali e psicologici, ha attraversato l’intero Mediterraneo,   sopravvivendo nel folclore religioso fino al ventesimo secolo. Come  donna meridionale, l’autrice avrà sentito la forte suggestione della Sibilla Cumana e del suo sito meraviglioso, dove ancora oggi si possono ascoltare readings e performances teatrali ispirati a questa tradizione esoterica. La Sibilla è la vergine nera, colei che opera in un antro oscuro, dove pronunciare i suoi vaticini. E proprio questa caratteristica profetica indica la giovane autrice. La Sibilla rivela all’uomo la sua struttura interiore, svela il sacro che oracola e compie prodigi. Questa natura intrecciata tra umano e divino è dono doloroso, che genera depressione e inquietudine.





È sibilla

i satiri che le marciano in testa,

ha la violenza dei padri:

un bastone fra le mani

È blasfema

nonostante faccia l’amore al dio

tutti i giorni

ha l’odore di orchidee morte secoli fa.


In questi magnifici versi, potremmo individuare la sua genealogia poetica femminile,  che rimanda alla poesia neobarocca di Claudia Ruggiero fino alla scrittura sperimentale di Amelia Rosselli. La donna, la pazzia, la profezia si sposano con l’archetipo della donna sacerdotessa, donna di frontiera tra i due mondi,  che predice il futuro. Nell’epoca classica era proprio la donna a interpretare la parola divina e questo testo recupera la fascinazione di questa priorità magistrale. La Sibilla viveva in una grotta, vicino al fiume, vicino ai corsi d’acqua, vaticinando in stato alterato di coscienza, scrivendo con frenesia in esametri greci. La Sibilla, posseduta dalla divinità, è una creatura sconvolta che resiste a una condizione di sofferenza, trascinata da una forza superiore, esposta a una profonda angoscia che le ferisce l’anima.


All’Inferno incidono i giorni

in mezzo alle ginocchia

Al Purgatorio tutti tirati

su da funi al collo

Al Paradiso fanno

il bagno nella schiuma.

Dio mi ha schizzata

guardando il panorama.


Secondo Klausen, il personaggio della Sibilla nasce dall’incontro tra Dioniso e Apollo. La Sibilla è la Baccante entusiastica, che entra in profondo contatto con il divino. La possessione comporta un’ incredibile condanna esistenziale: diventare radar del dolore creaturale dell’universo. Così nei versi di Zahira Ziello si legge la doppia natura di ogni Sibilla, dannata dalla tristezza inconsolabile per la visione apocalittica, che intuisce nel destino degli umani. Il verso oracolante si colora della percezione distopica del futuro delle genti.  


Vi auguro di non nascere

Di ignorare viscere e cordoni

Di seppellire i padri

E di rendere serve le madri

Vi auguro di allontanare le inibizioni del sangue

Il bastone degli antenati

Le catene dei morti

E le tombe di chi crede

Slanciatevi giù

Dove le vene scorrono

E le voci cessano.


Invasata dal  potere divino, la sibilla respira i vapori sulfurei del tempio, ingerisce le foglie di lauro e disegna le sue allucinazioni con voce funerea. Il suo corpo è la porta di ingresso del divino. La poesia diventa nella silloge la cartografia rituale del dramma dell’essere al mondo, preda di interrogativi insolubili a cui ogni creatura cerca di dare risposta. Il vaticinio si muta in  anatema, maledizione  e  giudizio di un’ umanità orba e disabile.




Sibilla, mi hai tolto il soffio chiamandomi allora

e ad ora ad ora continui a spezzarmi le cartilagini.

Maledetto il mio nome tuo,

Maledetto il tuo rosa mio,

Maledetto lo stormo del tempo, lo scatto della luce,

il passo incessante, il lento ricordo, ogni schiaffo

Maledetta io assieme a te, Sibilla.

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Zahira Ziello, nata nella provincia di Caserta, si occupa di teatro, in particolare di drammaturgia. Questa è la sua prima raccolta.

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