Fantasia di tarda estate
Marcel Hartmann, Vincent Cassel, per gentile concessione della “Galerie Cinema Anne-Dominque Toussaint”, Parigi

Fantasia di tarda estate

diTeresa Mariniello

Come due bambini, inconsapevoli e innocenti, si abbracciarono. 

Lui cingendole i fianchi e traendola a sé, lei premendogli contro il corpo il proprio corpo. L'ultimo treno partì adagio dalla banchina, la notte non era né scura né tenebrosa, anzi si affacciavano squarci di blu e tenerissimi viola.

"Nessun dove" recava la scritta Destinazione, ma i treni incuranti continuavano a partire, carichi di sogni e miraggi, promesse e incanti, duelli e rese. Bambini distratti e sonnolenti attaccati alle gonne delle madri cariche di fagotti colorati e ceste odorose, accanto uomini, sì uomini, risoluti o sfaccendati con un passo che voleva farsi comunque risoluto.

Loro due no, restavano; il loro gioco li salvava o traviava dalle mosse della vita, dal fluire dei giorni nella consunzione. Bisognava perciò continuare a giocare, mescolando le carte e tenendo fuori gli Arcani Maggiori, troppo pericolosi, troppo profetici e divinatori! Spettava loro reggere il filo del desiderio! Ultimamente però il Matto si presentava con insistenza tra le carte di Corte: camminava sempre sul ciglio del burrone accompagnato dal cane festoso, ma, di tanto in tanto, strizzava l'occhio a Margherita, la donna del Diavolo! Come a dire, ecco ci siamo...il gioco non può reggere ancora...cadranno anche loro nel burrone a voler perseverare in questa follia. 

Lei, la donna, colse tutto il pericolo e la premonizione di quella strizzatina d'occhi! avrebbe voluto avvisare il compagno di quel segno, ma lui ne avrebbe sorriso e l’avrebbe stretta ancora di più per rassicurarla. Ci sono solo le coincidenze, aveva sentenziato in passato... non esistono nessi se non in un pensiero primitivo, in passato gli uomini disegnavano gli animali in corsa sotto le lance battenti per propiziarsi una buona caccia, ma poi si è passati ad usare le strategie, si è usciti dal sonno della ragione. Anche lei aveva sorriso di rimando senza contraddirlo, ma dentro di sé lo compativa perché non conosceva l'arte dell’interpretazione dei segni... Porte che sbattono all’improvviso durante un amplesso che fatica a farsi felice, voci che chiamano come fossero vive qualcuno che è vivo, un ramo che si spezza senza rumore quando una donna soffre a lungo, un pendolo che smette di battere i colpi e resta fisso su quell’ora aspettando un ritorno, una rosa che apre i petali tutti al volgere di uno sguardo. Lui non sapeva nulla di queste cose, non indovinava neppure la magia del loro incontro e il suo perdurare. Pur tuttavia lei gli si accostò indulgente e dolce insieme: "si sta facendo sempre più tardi, non ci è dato sostare oltre. Scrollati da questa fantasia onnipotente! Il treno è lì anche per noi!" 

Era un rallentare il passo dal burrone, ma anche un tentare di condividere la tensione per la sorte che si annunciava. Lui non volle accoglierla, irragionevole e irremovibile continuava a portarla mano nella mano lungo la banchina e a guardare ammirato le tante luci che si accendevano nei treni, a fantasticare sulle destinazioni che avrebbero preso, sugli intrecci di vita che ci sarebbero stati, sui luoghi che avrebbero raggiunti, alcuni distesi su orizzonti di mare e altri odorosi di ciclamini. E ancora, ancora. 

In questa fissità si mossero le carte, non solo il Matto con il suo cane ormai inquieto che gli mordeva le calcagna, ma la Torre! precipitavano da essa le consuete figure ma le fiamme e i tuoni avevano calore e suono! E il Sole, il Sole fu scaraventato lontano! Poco più che un piccolo punto. La Luna invece, ancor più severa quasi cupa, sorvegliava l’uscita dello scorpione dalle acque. 

Cadde una goccia, nel mezzo della sua fronte. Scese rapida in una falda sotterranea di pensieri e immagini, vorticavano lì le carte tratte dal mazzo insieme a un fischio di treno e a qualche fantasia distratta e infantile. 

Lei aprì controvoglia gli occhi, sforzandosi di uscire dal sogno, di muovere la mano stretta su un legno nodoso. Vide la piscina quasi vuota, gli alberi intorno farsi bruni, qualche bambino accigliato e infreddolito avvolto in un telo. Raccolse allora in fretta le sue cose, con un brivido leggero si coprì il petto, scostò da una parte i frammenti del sogno dicendosi: " è passato così tanto tempo da allora… che strano… deve essere stato l'aver preso freddo a pelle nuda, così come allora." 

Raccolse i capelli sotto la sciarpa chiara e, sorridendo del tanto tempo trascorso, raggiunse l'uscita quasi deserta.   



Per abbonarsi


La lettura di questo articolo è riservata agli abbonati
ABBONATI SUBITO!
Hai già un abbonamento?
clicca qui per effettuare il login.

Commenti

Lascia il tuo commento

Codice di verifica


Invia

Sostienici