Via del Sole

Via del Sole

diRenato Fiorito

La casa in Via del Sole era piccolissima, due stanze, ma la gente era tanta. Sette persone.  La sera si apriva una lunga distesa di letti che al mattino sparivano, diventando poltrone o brandine nascoste in verticale dietro i mobili. Non c’era posto per altro, se non per le persone. Eppure, che vi debbo dire, in quella casa stracolma e affollata, a Natale accadeva un miracolo. Un miracolo che ancora oggi, dopo tanti anni, non so spiegare, ma che mi è rimasto nella testa e nel cuore, influenzando definitivamente le mie sinapsi e facendomi diventare quello che sono: un po’ concreto, un po’ sognatore, sempre disposto a sperare che dietro l’angolo ci sia qualcosa di buono e a credere che anche nelle difficoltà possa nascere il bello. 

Quello che succedeva di straordinario era che, in quei giorni di festa, i mobili improvvisamente si rimpicciolivano e i letti trovavano inusuali collocazioni per lasciare posto a un albero, un albero vero, odoroso di bosco e di resina.

Iniziava allora un complicato e magico rituale, che consisteva nell’appendere ai suoi rami palline di vetro colorate in maniera perfettamente armonica. La regola era che mai palline della stessa forma e colore dovessero stare vicine, che quelle più malandate dovessero occupare posti seminascosti e che, guardando dalle varie angolazioni, non dovessero scoprirsi spazi disadorni. I lati spogli venivano perciò accuratamente occultati con fili dorati e nuvole di cotone che imitavano perfettamente la neve, anche se nessuno di noi la neve l’aveva mai vista.

Una volta mia madre comprò, forse per errore, un albero molto più grande del solito, sicché le palline, conservate dall’anno precedente, risultarono del tutto insufficienti ad assicurare il rispetto dei rigorosi canoni estetici e geometrici che presiedevano all’operazione. 

 “Sono finite le palline” disse mia sorella, che aveva il ruolo incontrastato di direttrice artistica dell’addobbo, guardando l’intera famiglia sconsolata. Mia madre rispose, mentendo, che era bello anche così. Nessun altro parlò ma, nei giorni seguenti, tutti guardarono l’albero come si guarda un traditore che è venuto meno alla solenne promessa di rendere festoso il Natale. 

Anche mio padre non disse nulla, ma il giorno della vigilia, prese il cappotto e uscì, annunciando che sarebbe tornato più tardi.  

“Dove vai?” chiese mia madre “Ricordati che devi friggere il capitone”. Infatti, sul capo famiglia, di solito sollevato da qualsiasi incombenza domestica, ricadeva in esclusiva la responsabilità di uccidere e friggere l’innocuo serpentone che si godeva i suoi ultimi istanti in una tinozza colma d’acqua.

Quando tornò, aveva una grande busta con su scritto il nome della più importante cartoleria del centro di Napoli. Ed in quella busta c’erano le palline più belle che gli occhi di un bambino avessero mai visto: forme di animali, cigni cavalcati da babbi natale, cuoricini, palle luccicanti d’oro e d’argento. E poi c’erano luci colorate e, perfino, piccoli doni di cioccolato. 

Aveva speso una fortuna, pover’uomo, forse tutto quello che aveva in tasca, dato che le palline erano allora di vetro soffiato e costavano un occhio della testa, mentre i soldi, in quei primi anni del dopoguerra, erano davvero pochi. A pensarci mi tornano ancora le lacrime agli occhi, benedetto papà. Ora per allora voglio dirti che ti voglio bene.

La direttrice dell’addobbo, mia sorella, poté così riprendere la sua opera e quando ebbe finito, spense il lampadario e accese le lucette dell’albero. Allora, nel buio della stanza, apparve l’immenso albero, risplendente di doni e luci colorate. 

Mia sorella disse: “E’ bello, vero?”. Io strinsi gli occhi e vidi i raggi che si irradiavano per la stanza dalle cento lucine. Anche per noi era Natale, ed era un Natale bellissimo, il più bello che ricordi.

E poi vennero i profumi, l’odore dei dolci, dei broccoli ripassati, del capitone fritto; e ci furono i sorrisi, e il tavolo che divenne lungo, occupando l’intera stanza, e la letterina colorata che apparve sotto il piatto di mio padre, e l’amore che dava a tutti una semplice felicità che ancora e sempre rimpiango. 


Ricetta del capitone fritto

Importante è comprarlo vivo, il capitone dico, cercando un pescivendolo fornito di vasche con acqua corrente, cosa che a Napoli è facile, ma altrove è quasi impossibile trovare. L’altra cosa indispensabile è il coraggio. Il coraggio che ci vuole per ammazzarlo, il capitone. Se non c’è quello, meglio comprarlo sott’aceto o, meglio ancora, non comprarlo per niente, tanto fa male, essendo di carne grassa. Se invece il coraggio c’è, allora bisogna dotarsi di un coltello ben affilato e di uno straccio per tenerlo fermo al momento dell’esecuzione. Poi si deve pulire, come tutti i pesci, e girarlo nella farina, e infine, senza badare al fatto che si muove ancora, immergerlo nell’olio bollente per pochi minuti, lasciandolo friggere finché un profumo particolarissimo non girerà per casa dicendovi in maniera incontrovertibile che anche a casa vostra è Natale. 



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Renato Fiorito è autore delle raccolte poetiche: Andante con pioggia - Terra d’ulivi edizioni 2019 (2° classificato al Premio Albero Andronico 2020); Andromeda - Ladolfi Editore 2017 (1° classificato al Premio “Terre di Liguria 2018”); La terra contesa - Puntoacapo Editrice 2016 (premiato alla IV Edizione del Premio “Sulle orme di Leopold Senghor Leopold”; Legami Lepisma Edizioni 2015. 

Sue poesie hanno ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il 1° premio alla V Edizione del Premio Internazionale di poesia “Di verso in verso”; alla IV Edizione del Premio Letterario Internazionale di poesia “Priamar”; alla I Edizione del Premio di poesia “Pingaria”; alla XII Edizione del Premio letterario internazionale “Città di Martinsicuro”.

È autore dei romanzi: Tradimenti – 2009 - 0111 Edizioni, (3° alla IV Edizione del Premio “Città di Recco” e alla XII Edizione del Premio “Val di Vara”) e Ombre - 2011 - Self publishing, (2° alla XII edizione del Premio “Mondolibro”, 2° Premio “Via Francigena” 2011 e Premio della Critica al Premio internazionale “L’integrazione culturale attraverso la letteratura” organizzato dal Centro Ecuatoriano di arte e cultura di Milano. 

Nel 2014 è stato premiato per il suo impegno nella poesia alla I Edizione del Premio “Dal Tirreno allo Jonio” svoltosi in onore del poeta “Giosué Carducci a Castagneto Carducci.

È autore del romanzo Sortilegio “Terra d’ulivi 2021premiato al Premio Pirandello 2022

Ha fondato e gestisce il blog letterario “La Bella Poesia” www.labellapoesia.info e collabora alla redazione della Rivista di cultura poetica e letteraria “Menabò”. 

È stato Presidente del Premio Internazionale di Poesia Don Luigi Di Liegro, indetto dalla Fondazione Di Liegro, fino alla sua sospensione nel 2020.



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