Lo sguardo veggente sulle cose - Galatina  di Dante Maffia e di Elio Scarciglia
Foto di Elio Scarciglia - Olbia - Porto

Lo sguardo veggente sulle cose - Galatina di Dante Maffia e di Elio Scarciglia

diFloriana Coppola

Io vivo in un tempo senza tempo,

troppo dentro e troppo fuori dal mondo,

e dunque subisco tutti i venti e tutte le tempeste,

ma continuo a camminare per una strada

che conosco solo io.

Dante Maffia

 


Un libro può essere uno scrigno prezioso. Un vero gioiello. E questo lo è, sicuramente. Le poesie di Dante Maffia e le fotografie di Elio Scarciglia ci accompagnano con estrema eleganza in un incontro particolare. Lo sguardo veggente del poeta si intreccia al punto di vista del fotografo per leggere e condividere un oggetto particolare, regno di bellezza e di meditazione: la Basilica di Santa Caterina di Alessandria a Galatina. Alcuni riferimenti importanti: il Principe Raimondo Orsini Del Balzo, la Principessa Maria d’Enghien, la Santa, la leggenda del dito/reliquia. E infine il riferimento a Giotto negli affreschi del ciclo pittorico realizzato, influenza che rimanda alla Cappella degli Scrovegni. I passi del poeta nella chiesa dapprima sono caratterizzati da una forma breve e epigrammatica, che si sposa con le perfette inquadrature fermate dalle fotografie. Gli aiku diventano flash istantanei, vibrazioni della pupilla a contatto con la bellezza antica del dettaglio architettonico e pittorico. La brevità essenziale della forma coincide con la magia dell’incanto. Mano a mano che si procede, la spiritualità dell’incontro diventa irripetibile e commovente. Ogni sfumatura, ogni particolare, ci permette di entrare in una dimensione onirica e mistica, oltre ogni apparenza.

 

A Galatina

adesso il Paradiso

ha fatto il nido.

 

Nei versi tornano delicate sinestesie, tutti i sensi si muovono per descrivere l’emozione. La cattedrale diventa il nido del Paradiso, il luogo della bellezza dell’Eterno. Il poeta adopera ogni canale percettivo per raccontare ciò che è indicibile e le fotografie pongono il focus sugli accenti immaginali di questa scoperta. La chiesa diventa un portale mistico, per contemplare i frutti di un percorso invisibile che vuole unire l’uomo a Dio. Le figure dei santi e dei principi alludono sorridendo alla pacificazione e all’inquietudine che può dare questa ricerca. Ogni dettaglio diventa un indizio di questa contemplazione. Il poeta va avanti e procede per piccoli balzi. La sua parola si allarga e si amplia con l’avanzare dello sguardo tra le cose, cose che si pongono come simboli di una mai raggiunta verticalità. L’estasi è innamoramento psicofisico, che diventa canto.

 

Difficile da credere,

quasi impossibile,

ma l’altra notte,

dopo avere bevuto

alla tua dissolvenza

le mie vene si sono aperte

come un campo incauto di cicale

all’assalto del tuo sguardo.

Le mie vene un fiume

di parole morte partorendo.

Un’invocazione al sole.

 

Il sacro si mescola al profano e i versi diventano sempre più coraggiosi nel mostrare questa sintonia tra amore divino e amore laico. Ciò che è segnatura della  pura attrazione fisica diventa segnale di questo magnetismo religioso. Dario Bellezza disse  che la  poesia di  Dante Maffia  è sospesa tra canto e dedizione al sottile ragionamento d’amore per le creature e per le cose, dedizione che si incarna perfettamente in uno sguardo che sospira, toccato dalla meraviglia del creato. E questa dedizione in questo testo si raddoppia, si moltiplica per ogni dettaglio ripreso dalle fotografie artistiche di Elio Scarciglia, quasi un controcanto in immagini, che accompagna questa immersione particolare. L’uomo entra nella cattedrale con lo stesso stupore di una creatura che  può nuotare in una caverna sottomarina, scavata nella roccia.

 Il corpo si espone attraverso gli occhi a toccare i segni di una bellezza che proviene da un’ altra dimensione, oltre ogni secolo e che parla ancora a noi.  Dice Dante Maffia in un’intervista: “La poesia è potenza e tenerezza insieme, un fiore d’acciaio con il cuore di miele. Il poeta non è soltanto un “grande artiere che al mestiere fece i muscoli d’acciaio”: è anche una nuvola vagante, un profumo di bergamotto.” E infatti leggendo e guardando, presi da questo doppio intrigo che invade i sensi e l’anima, si riescono a percepire i profumi e i sapori della terra dove questo gioiello dell’architettura pugliese è incastonato. Poesia, immagine e luogo, una triade perfetta per un viaggio inconsueto, emozionale e spirituale. Da sempre i viaggiatori e i poeti  hanno raccontato il paesaggio che attraversavano, intrecciando ogni descrizione  al monologo interiore spirituale. La contemplazione vive di questo innesto, simbolo “del desiderio inappagato di congiunzione all’eterno”.

 

Nei suoi occhi l’ardore

ha finestre di luce

e disegna mondi

di cui Dio è geloso.

Non posso dirvi che cosa ho letto

nei guizzi e nei bagliori,

vi dico solo

che mentre parlavo

sono morto più volte,

più volte resuscitato

 

Con occhi di veggente Dante Maffia  guarda le cose, esprime la gioia di questo incontro e percepisce il dolore e la morte. Con occhi di veggente, Elio Scarciglia  fotografa il dettaglio, la mano e il sorriso, il fiore scavato nel marmo, i petali e le croci, i cavalli e i draghi, i soldati con le loro lance, il trionfo delle stelle e la ricchezza dei panneggi,  l’ovale ieratico dei santi e la grazia rivoluzionaria dei corpi. C’è silenzio ovunque, si respira l’assoluto nel doppio binario del verso e dell’immagine. C’è lo spazio di un’umile riflessione in questo camminare in punta di piedi in un luogo sacro. Arriva l’urgenza di disfare il linguaggio della poesia per costruire una trama più sottile e lieve che dice e non dice, che interroga la vita e la morte tramite la parola e il segno. Un colloquio con gli oggetti che circondano gli umani e che hanno dentro, mescolato alla materia, il forte richiamo dell’eterno.

 

Ne colgo il fiorire

in una discesa turchina di promesse,

nel crogiuolo di impasti d’ombre:

troppo è il dolore dinanzi alla Bellezza,

troppo grande la consapevolezza

che è tutto un inganno.

 

In questa magnificenza di versi e di immagini si dipana un altro itinerario metapoietico, che vuole porre l’attenzione sul fare poesia, sulla follia del poeta che cammina in una  solitudine, che non vuole offendere, che è resa e rinnovamento. Egli spera di reggere la frustrazione perenne di questa dicotomia tra realtà e rappresentazione verbale e iconica, il conflitto tra dicibile e indicibile, tra pensiero e illusione. E questa insolubile contraddizione diventa quasi un manifesto esplicito. Bisogna solo consegnarsi con stoica rassegnazione a ciò che esiste, malgrado ogni atto umano. Accettare che ogni interrogativo posto dal poeta rimarrà inevaso. Rimane la contemplazione del creato e del suo enigmatico mistero.

 

La follia del poeta è completa.

Si consegna a te, Galatina,

ma tu sai quel che c’è nell’atto,

quel che vive

nelle parole.

Sarà possibile un giorno un solo bacio?

Possibile insieme

il canto dell’usignolo e dell’allodola?

Ride il presagio in cima alla Cattedrale.

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