L’IN-ELUTTABILE LITURGIA SINESTETICA
Foto di Elio Scarciglia

L’IN-ELUTTABILE LITURGIA SINESTETICA

diGiovanni Monti

L’IN-ELUTTABILE LITURGIA SINESTETICA

di Giovanni Monti

 

 

Distante da essere una bozza di critica ragionata intorno alla raccolta poetica, di imminente pubblicazione da Terra d'ulivi, MEDIO EVA di Carla Francesca Catanese, questa recensione intende in primis fornire al lettore una bussola per addentrarsi in un testo stratificato, giocato sul doppio binario di un’epoca collettiva e di visioni individuali, appartenenti al vissuto di un’Eva mediocre - riporto i versi dell’autrice - simbolica e personale al contempo, in una metafora concettuale che è l’età di mezzo. Il tutto rapportato a questo nostro scorcio di secolo impertinente, più che maggiorenne, che rimanda anche al costrutto storico ed antropologico del Medioevo canonico. Un periodo di tempo lunghissimo, più di mille anni, oggetto di numerosi dibattiti storiografici relativi alla sua natura polimorfa: teatro di oscurantismo e barbarie, ma anche culla dell’Europa nascente, attraversato tanto da disastri naturali - la peste del ‘300 - quanto da flagelli dell’uomo contro l’Uomo (si pensi alle invasioni, alle Crociate). Come non vedere riaffiorare la pandemia, i lutti, i grandi problemi contingenti del contemporaneo, in questa nostra comune appendice temporale? Ma, senza addentrarci oltre in un terreno speculativo - mare magnum - assai composito e variegato, che non è di stretta competenza e che raccoglie a tutt'oggi studi ancora fertilissimi, questo accenno all’epoca medievale consente, innanzitutto, di decodificare la radice parafrasata del titolo della raccolta e di cogliere la rotta seguita dall’autrice nella sua costruzione sia “fisica” che concettuale. Come la suddivisione in capitoli, i cui titoli fanno riferimento a testi o a momenti topici del periodo medievale, seppure in parte rimaneggiati nell’ortodossia della forma per mantenerne la sostanza allegorica. Allora troviamo il Convivio di Dante Alighieri scritto nei primi anni dell’esilio, Il Dies Irae attribuito a Tommaso da Celano (preghiera della liturgia medievale attorno al Giorno del Giudizio), la Psychomachia (letteralmente "guerra dell'anima") di Aurelio Prudenzio Clemente, ancora Dante col suo Inferno,  la Caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.c, a cui convenzionalmente si lega l’inizio del Medioevo), Le Invasioni Barbariche, per finire con una breve sezione intitolata alle compositrici medievali, le Trobairitz, il corrispondente dei Trovatori, poeti attivi nel XII e XIII secolo nelle corti aristocratiche. E non è casuale la composizione stilistica di MEDIO EVA   che riecheggia un’epoca ma anche un tributo da inserirsi nelle celebrazioni dell’anniversario della morte di Dante Alighieri.
L’esoscheletro della raccolta è, dunque, pervaso da rimandi topici che forniscono il suggello di un’operazione che aderisce al terreno della poesia, e in particolare “della poesia sperimentale, un coacervo di visioni irregolari tenute insieme dall
anarchia del verso libero. Ecco allora che lInferno discende nelle latitudini di una contemporaneità quasi belluina, in una commistione verbale e concettuale dove le atmosfere dantesche si confondono in un Inferno Iconico Stomp. In un calpestio che odora di scempio accumulato: un melting pot semantico, trasversale. Le visioni albergano qui ed ora, in un mondo trafitto, tra le maglie della musica Trap, il sangue nero delle metropoli, il Santi saldi di Zara, i barconi di Lampedusa, fino a Capitol Hill. I canti danteschi incidono sulla trama di un Inferno cosmopolita - infranto di Mito, sciacquato nello specchio del doppelgänger - per assumere la forma di urban poetry, con pochissime vie di fuga da un oggi indelebile nel suo format infernale”(1). Sottolinea questa operazione di Stomp sulla contemporaneità, anche la forma dalla punteggiatura sovvertita, spezzettata, inversa, che diviene parte integrante dello stile di Carla Francesca Catanese. Forma che ingloba parossisticamente la riflessione su un personale vissuto trasversale e che converge in lutti (reali o metaforici), in perdite, nella trasfigurata caduta di amori-assenze, nelle invasioni barbariche di un quotidiano deglutito, ma poco assimilato. Il metabolismo semantico si oppone ad un terreno di vuoti sinestetici, dove emergono anche formule verbali ricorrenti in ossessioni - l’ossigeno, le mucose, la sutura respiro - che la pandemia ha lasciato come scomoda eredità di una Notte esistenziale ancora troppo incisa nei giorni…bava ci riporta la notte (si legga La parola morte esiste (2)). E convergono anche le ossessioni intellettuali dell’autrice, che si fondono e confondono - da Wilcock a T.S. Eliot, alla costante presenza del Cinema, le immagini in movimento, l’occhio esercitato dall’arte. Il corpo/sineddoche unico diaframma, labile protezione. Oppure unico schermo. Quindi meglio comunque dilatarlo a verbo, deformarlo in parole a costo di esporre maggior superficie alla vivissima percezione del dolore. Meglio arrivare ad oltraggiarlo nel secolo esofago, pur di farne "calamita cosmica" per assorbire il Prana dell'universo, anche al prezzo di doverne violentemente restituire l'Apana, la parte sporca che pretende attenzione. Eccolo questo zero assoluto, circostanziato nella carne offerta di sillabe, incorniciato nell'ostensione del sembiante volutamente dismorfico, salmodiato nelle note di un’Eva che - glitch - addenta l’Apocalisse o nel saliscendi tragicomico di un cuore/Miss Vena (ode circolatoria illustrata), antica sede medievale dei sentimenti, oggi algoritmo ombra.
Carla Francesca si immola pur di sottolineare la sottile linea nera.

Di un’epoca.

Di un secolo.

Di un’Eva contemporanea,
a metà.




[1] Dal Libretto di Inferno Opera Rock, Francesco Maria Gallo, Controcanti di Carla Francesca Catanese - 2021, Etichetta San Luca Sound


[2]La parola morte esiste, in MEDIO EVA, tributo a La parola morte, Rodolfo J. Wilcock, Einaudi, [1968]


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