Pelle ombra di Ilaria Monti
Elio Scarciglia - Lisbona

Pelle ombra di Ilaria Monti

diFloriana Coppola

Bisogna leggere e rileggere "Pelle Ombra" di Ilaria Monti per poter dire di aver bene afferrato la sostanza di questa interessante operazione poetica. La poesia a volte si sviluppa come un sentiero tortuoso, sospeso nel nulla, con pochi cartelli a indicare i passaggi. Il titolo ossimorico di questo testo allude a due opposti, al vano tentativo di tenerli uniti, la vita concreta e carnale della corporeità e la rarefazione spirituale e alchemica dell’ombra. Pelle e ombra. Ciò che siamo, ciò che sembriamo e ciò che ci sfugge. Ilaria Monti crea un’atmosfera sospesa e surreale, dove le parole sono sintagmi luminosi che fermano un’installazione artistica di parole. E le intriganti calcografie di Luca Grossi rimandano a questo ossimoro: luci e ombre, campiture graffiate, combustioni accese e smarginature di figure improbabili e ambigue, ambivalenti contorni che si aprono e si squarciano, formando altre geografie, altri territori inesplorati. Ogni parola offre la sua nicchia semantica come un riparo e segna il cammino per arrivare al nodo seguente. Si allude spesso ad alcuni ricordi familiari, al contatto interpersonale con l’altro, a ciò che è mancanza, a ciò che è diventato assenza. Tutto si dispiega come un dipinto di Salvador Dalì, dove un lenzuolo immaginario si muove, nascondendo a tratti il panorama lontano e sfuggente e a volte inaspettatamente lo svela. Una scrittura visiva e visionaria quindi, una scrittura metafisica che racconta il dolore di stare al mondo senza usare nemmeno un lamento. Strategia atarassica di meditazione e di ascolto. La vita è fatta di questo contrasto perenne, stare nella luce come corpo solido, diventare ombra, sentire l’ombra. Per Jung, nella nostra psiche sono compresenti aspetti polarmente opposti, conscio e inconscio, positivo e negativo. L'energia di cui non siamo consapevoli va dispersa nell'Ombra come zona non riconosciuta, oppure rifiutata. L'Ombra è tutto ciò che non si risolve e si oppone a una integrazione unitaria. Nell'istante in cui l'uomo accetta, nella propria dinamica psichica l'Ombra inizia il cammino di individualizzazione. E in questa silloge la danza degli opposti rimanda alla drammatica forbice del tempo tra ciò che si incarna nel presente e ciò che poi sfugge, perché diventa passato. 


e il letto sgualcito formava un paesaggio 

sfiancato da calanchi profondi 

dove tu vedevi una breve poesia 

io segretamente appassivo: 

l’ombra rimasta sul lenzuolo 

vìola il diritto di essere 

trasparenti 

miniature di sé 

il corpo è un disturbo 

di assenze e frequenze 

o frequenti assensi 

dimmelo tu che pesi il buio sulle palpebre stanche 

e magari leggimi una storia la mattina dopo, 

Pupilla delle stelle

 Opere di Luca Grossi

Nello scorrere delle pagine, viene in mente Platone e il mito dell’ombra. Il filosofo afferma infatti che l’immagine, ciò che viene visto con gli occhi, è il sé allo stadio di copia, lo stesso nello stato di doppio. In questo testo poetico ciò che sorprende è il distillato concettuale presente nei versi. La poesia sposa la filosofia e la psicanalisi. Le immagini che vengono rappresentate attraverso le parole e rafforzate dai lavori artistici di Luca Grossi partono da quei brevi cammei autobiografici, memorie e ricordi minimali, per poi parlare del tempo, dell’eterno e di tutto ciò che non si può conoscere e capire. Il corpo racconta ciò che l’ombra nasconde. L’Ombra infatti è un archetipo potente, indica il contenitore di tutto quello che ci è mancato nel bene e di tutto quello che abbiamo ricevuto nel male. Ogni nostra sofferenza si può trasformare in Ombra. Possiamo essere sopraffatti dall’aspetto negativo da ogni archetipo che non riconosciamo, a cui opponiamo resistenza. Ciò che non viene elaborato, può trovare espressione nel corpo. La repressione delle emozioni scivola nell’inconscio, diventa potente segnatura psicofisica, perché non può esprimersi. 


Piccoli e grandi dolori dirottano sulla pelle 

(non corpo ma corpus di segni contrari al tempo nostro, 

archivio con strette corsie che a volte s’incontrano 

ma più spesso si perdono 

tra una sutura e una mutilazione) 

icona di santa memoria 

l’ombra è sempre parafrasi dell’ipotesi

Le citazioni sono molteplici e vanno decodificate nel loro svolgersi simbolico nel testo. Le parole di Foucault e di Montale, come quelle di altri, si incistano nel testo come luci segnaletiche di una speculazione filosofica sottotraccia. La cognizione del tempo e del dolore che si incarna nel corpo ritorna spesso, dialogando con un interlocutore che cambia di volta in volta, prendendo voci diverse. La percezione del doppio, il duplicarsi di ciò che è fisico e visibile in ciò che è psichico e invisibile rimane una preoccupazione costante, partorisce una riflessione profonda sul senso ultimo dell’esistere. Le parole non sono mai gettate per caso, seguono un posizionamento simbolico di precisione chirurgica. L’effetto nel lettore è estraniante e algebrico. Equazioni composite che bisogna eseguire con attenzione, per arrivare a individuare l’esito finale.  

Tenersi stretta la vita e fidarsi dell’ombra 

se avanza con passi che ancora posso contare

La silloge di Ilaria Monti, il suo farsi e disfarsi in pelle e ombra, è lettura impegnativa, mai scontata. La poesia diventa così uno spazio alchemico del profondo, narrazione fondativa e enigmatica di un cammino esistenziale, dove le parole non svelano mai la risposta desiderata, anzi aprono a un ventaglio assoluto di ulteriori direzioni, indicando un altrove mai raggiunto per sempre.


Ma quante volte ancora scucirai i tuoi polsi

nell’intreccio che ancora proteggo e

mordo la lingua di mare 

che sempre ci separa.

Riscoprire le geografie natali

mi piaceva, rileggerne la storia 

nell’ombra che hai in viso, 

cancellarti gli anni dalla fronte 

e agli angoli degli occhi dirti ancora 

che ho forza e mani larghe per accompagnarti.


*

Ricordo bene l’arco lungo delle notti 

il colore di un imbarazzo sincero. 

Non ho trovato mai parola più vera 

della nostra, perché inesperta. 

Ignari che quel momento era tutto 

un mondo in costruzione 

e ingenui, 

come mai abbiamo ammesso di essere. 

Dieci anni dopo non una traccia di noi, 

non un segno sul muretto scorticato 

davanti la porta di casa. 

E questo è quanto.



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