A Firenze, la Mostra di Beato Angelico
A distanza di settant’anni dall’ultima mostra dedicata a Beato Angelico (1955), la mostra aperta recentemente a Firenze, a cura di Carl Brandon Strehlke, Angelo Tartuferi e Stefano Casciu affronta lo sviluppo dell’arte di Beato Angelico e i suoi rapporti con pittori come Lorenzo Monaco, Masaccio, Filippo Lippi, ma anche scultori quali Lorenzo Ghiberti, Michelozzo e Luca della Robbia. Nelle due sedi espositive del Museo di San Marco e di Palazzo Strozzi sono riunite oltre 140 opere tra dipinti, disegni, sculture e miniature provenienti da prestigiosi musei quali il Louvre di Parigi, la Gemäldegalerie di Berlino, il Metropolitan Museum of Art di New York, i Musei Vaticani, oltre a biblioteche e collezioni italiane e internazionali. Il progetto ha anche reso possibile la riunificazione di pale d’altare smembrate e disperse da più di duecento anni.
Beato Angelico, Trittico francescano (det.), 1428-1429, Museo di San Marco, Firenze
Guido di Pietro (1395 ca–1455), diventato frate domenicano come Giovanni da Fiesole, coniò un’arte che univa i nuovi principi del Rinascimento, come la prospettiva, l’uso della luce, la relazione tra figure e spazio, e quelli tradizionali del Medioevo, come il profondo senso religioso e la narrazione didattica ed esemplare. L’arte della miniatura gli consentì di diventare molto abile nella realizzazione di piccoli particolari. Le sue opere rappresentano sempre soggetti religiosi, molte pale d’altare e gli affreschi per il convento di San Marco a Firenze, considerati tra le opere più importanti del Rinascimento fiorentino. Padrone delle tecniche pittoriche più diverse, dalla tempera su tavola a quella su pergamena, dalla miniatura all’affresco, fu in grado di operare nel campo della decorazione libraria una vera e propria rivoluzione, paragonabile a quella di Masaccio in pittura, grazie alla sua capacità di introdurre nella miniatura una nuova concezione dello spazio e della rappresentazione della figura umana tipiche del Rinascimento. Se Masaccio è stato il rivoluzionario, il Beato Angelico è stato il primo artista a capire la portata di quella rivoluzione: il Trittico di san Pietro Martire è una delle prime opere a condividere alcune delle innovazioni masaccesche, benché a oggi non sia chiaro se l’Angelico fosse arrivato per vie indipendenti a padroneggiare la raffigurazione dello spazio e dei volumi (specialmente nella cuspide, dove ha dipinto le storie di Pietro Martire) oppure abbia guardato il lavoro del collega.
Messale 558, noto anche come Messale di San Domenico, 1420-1430
Per lui il piccolo e il grande formato avevano la stessa importanza, essendo campi equivalenti in cui ambientare storie e disporre immagini, aspetto evidente nel Tabernacolo dei Linaioli (1432) capolavoro della maturità artistica e unica grande commissione pubblica pervenuta all’artista da un ambito non religioso. Qui l’Angelico dà prova delle sue grandi capacità espressive: dalle raffinate tecniche esecutive, tra cui spicca l’uso straordinario della foglia d’oro, all’eleganza decorativa e spirituale che raggiunge l’apice nelle figure degli angeli musicanti, fino alla monumentalità plastica e tridimensionale, pienamente rinascimentale, del gruppo della Madonna col Bambino e dei quattro Santi. L’opera dialoga alla pari con gli scultori del primo Quattrocento, come Donatello, Nanni di Banco e Lorenzo Ghiberti, cui si deve il progetto generale, quasi un portale monumentale, (260×330 cm), paragonabile solo alla Maestà di Santa Trinita di Cimabue o alla Madonna Rucellai di Duccio di Buoninsegna, a gareggiare con la maestosità delle statue nelle nicchie di Orsanmichele.
La sezione allestita nel Museo di San Marco, divisa in due parti (il primo capitolo, sugli esordi dell’artista, e quella porzione in Biblioteca a sondare la produzione dell’Angelico miniatore), è un’ottima ed esaustiva introduzione utile a comprendere le origini dell’universo, a volte paradossale, del pittore toscano. A Palazzo Strozzi i curatori hanno abbracciato l’idea d’un percorso che, di base, segue l’evoluzione della pittura del Beato Angelico ma è sostanzialmente organizzato per temi, con tutte le sovrapposizioni e gli anacronismi che una scelta del genere comporta, considerando che l’arte del Beato Angelico conosce spesso cambiamenti repentini e sorprendenti, che a volte sono difficili da seguire. Si tratta della più completa rassegna di sempre sul Beato Angelico, frutto di un impegno pluriennale, che, a settant’anni esatti dalla prima e finora ultima monografica su di lui, ha radunato la più vasta mole di materiale autografo (con numerosi capolavori di molti contemporanei) nei luoghi che più gli sono vicini, il convento dove lavorò per diversi anni e il palazzo fatto costruire dai discendenti di uno dei suoi più illustri committenti, Palla Strozzi. Difficile poter rivedere, in futuro, qualcosa di simile. La mostra è aperta fino al 25 gennaio 2026.


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