Chop Suey*
Ivor Prickett, Mohammed Haj Ali, nel periodo che precede la festa musulmana di Eid, è impegnato a tagliare i capelli ad alcuni dei pochi residenti ritornati nel suo quartiere a Raqqa. 2018, Raqqa, Siria

Chop Suey*

diPaolo Beretta

Erano le dieci passate, il viaggio di ritorno era durato più del previsto. Si fermarono a un ristorante cinese sulla strada, Silvia entrò a chiedere se facessero ancora da mangiare. Lucio aspettò in macchina, ipnotizzato dalla luce intermittente di un semaforo. Una coppia uscì dal locale ridendo rumorosamente. Li guardò allontanarsi alla luce delle lanterne, in cerca di un segno di complicità. Si domandò che età avessero, se stessero tornando a casa o se fossero solo usciti a cena, magari al primo appuntamento. In quel momento Silvia gli fece segno di scendere dall’auto.

Alla cassa, una donna con un bambino in braccio, li indirizzò in un salone deserto e male illuminato, con diversi tavoli ancora da sparecchiare. Lucio ne scelse uno vicino a un grosso acquario che diffondeva una luce verdastra tutto intorno. Si sedettero e sfogliarono le pagine del menù senza troppo entusiasmo. Mentre Silvia scorreva la carta accanendosi su un riccio di capelli crespati dal sole, Robert si perse a osservare la varietà di pesci che popolava la vasca, tracciando orbite sempre uguali nell’acqua intorbidita. Uno, il più grande di tutti, si muoveva radente il fondo. All’altezza della coda, la linea del dorso era spezzata e fletteva inaspettatamente all’insù. Lui accennava dei guizzi verso l’alto, sfiorando la sabbia col ventre, ma si muoveva solo di pochi centimetri, ritrovandosi sempre al punto di partenza. Nonostante agitasse le pinne e piegasse il corpo fin dove gli era concesso, non otteneva un risultato migliore di quello.

La donna che li aveva accolti annotò meccanicamente l’ordinazione su un blocchetto di carta e scomparve dietro un tramezzo di legno. Seguì un breve rimestio in cucina. Un altro avventore sedeva in un angolo appartato, in penombra. Lucio e Silvia si accorsero di lui nel momento in cui ricevette una telefonata. Parlava inglese con una pessima pronuncia, cionondimeno correttamente. Biascicava, ma non perdeva il filo della conversazione, fornendo al proprio interlocutore le informazioni che voleva: in un porto c’erano dei macchinari in attesa di partire per l’Africa. Sulla sessantina, fronte alta, imperlata di sudore, capelli appiccicaticci, tirati all’indietro. Camicia aperta sul petto, portava degli occhiali enormi con la montatura di metallo. Nel complesso aveva un’aria terribilmente trasandata e stanca. Parlava a voce alta, incurante della coppia seduta a pochi metri da lui. Con una bacchetta rimestava i resti della cena nel piatto. Da come si rivolse alla locandiera, quando venne a ritirarlo, si capiva che doveva essere un habitué.

Lucio e Silvia mangiarono in silenzio, interrotto di tanto in tanto dalle telefonate del vicino, che pareva non aver alcuna fretta di andarsene. Il pesce con la spina dorsale rotta aveva occhi e bocca rivolti verso l’alto, come se implorasse di raggiungere il pelo libero dell’acqua, mentre il corpo deforme lo condannava a rimanere sul fondo. Pesci di taglia più piccola gli ronzavano intorno mordicchiandolo ai fianchi per provocarlo, saggiarne la forza residua, ma il gigante storpio non se ne curava. Apriva e chiudeva la bocca, continuando a fissare gli strati d’acqua sopra di sé, in una sorta di disperata preghiera. Lucio e Silvia osservarono incupiti quella macabra danza, pensando al suo tragico epilogo.

– Non ne ha ancora per molto, – sussurrò lui.

– Nemmeno noi.

Hello! La voce impastata del vicino. Hello! Ciao… Comment ça va? Ça va bien?

– E’ la cosa giusta da fare.

– Ne sei sicuro?

Lucio esitò.

Hai cenato?... T’as diné?... Oui? Bien. Qu’est-ce que t’as mangé?... Ah bon. Sì, sì... Moi aussi. Il solito, chop suey. Ridacchiò. Toujours le même, ouais...

Silvia abbassò lo sguardo. Pensò alle cose da portar via. Al suo appartamento, il frigorifero vuoto, tutto da ricominciare. Al caffè del bar sotto casa, prima di andare al lavoro. Ai viaggi che avrebbe voluto fare. Lucio la osservò annodare nervosamente il tovagliolo. Si ripeté che quella non era più la donna che aveva conosciuto.

Demain, ma chérie, demain... Je repars à midi... Da qualche parte, nel mondo, una donna aspettava il proprio uomo.

Lucio si alzò e andò a pagare.

Il dorso spezzato del grande pesce non smise di oscillare.




*Pezzi rotti, in cinese mandarino


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