Ci dev'essere un cielo delle madri - "Ode alla madre" di Mariangela Ruggiu
Foto di Paola Casulli

Ci dev'essere un cielo delle madri - "Ode alla madre" di Mariangela Ruggiu

diCarol Guarascio

… stai con me, apri la mano e scriverò altri versi

pesanti come pietre, oscuri come la grotta del sonno

antichi come la sapienza della Madre

 

Come già in questi versi de Il velo opaco (Terra d’ulivi edizioni 2020, recensito in Menabò n° 7 da Francesco Palmieri), Mariangela Ruggiu sembra raggiungere la sapienza nella nuova plaquette Ode alla madre, Terra d’Ulivi Edizioni 2021, intenso cammino nell’intimità del rapporto figlia-madre, nutrito dalla parola poetica, testimonianza di un lavorìo psicologico volto a costruire l’attesa in vista del momento conclusivo del distacco, in cui si dovrà fare i conti con la perdita della madre, ma in special modo con la perdita del ruolo di figlia. 

Il rapporto madre-figlia è un rapporto che spesso si ferma alla lallazione, alla dimensione pre-verbale nella quale sono sufficienti un semplice gesto o lo scambio di uno sguardo quotidiani. Anche qui, nell’Ode, la madre è immune dalla verbalizzazione, ignara della poesia covata nel cuore della figlia, il loro amore resta non detto ma nel contempo è fortemente autentico, sa di pane appena sfornato… o di pane in lievitazione, essendo un amore in continuo fermento. 

 

Perfino il parto diventa reciproco, si realizza come momento di generazione di ogni figlia in madre e di ogni madre in figlia, nel liquido amniotico comune dove confondersi, mescolare continuamente il patrimonio genetico di identiche cellule possedute dall’origine. 

 

per questo sono tornata

per esserti madre, tu che sei

madre di me, ma confondiamo il nome

nelle acque del pozzo nei semi del grano       

nel nome dei nomi

 

Il raggiungimento da parte della figlia del ruolo di accudente e quindi di nuova madre è compiuto in maniera del tutto naturale, senza peso, involontariamente. Nei versi di Mariangela Ruggiu svaniscono i dolori del parto, si rimuovono le spine dell’ansia connessa alla venuta al mondo.  

 

hai consolato senza parole

il fiorire tra le spine

hai trattenuto anche il dolore

per farne rivelazione

ora ti sono madre

ora che ho imparato a partorire

 

La prima madre ora ha quell’assenza negli occhi, questa pelle bianca/ e questo ricamo di vene, …ha la tenerezza della carne e la figlia-madre finalmente riconosce di essere anello di una catena che ha radice nel ventre di un Dio-Madre.

 

La figlia-madre inizia un rituale di saluto quotidiano volto ad imitare l’ultimo addio che chiuderà il tempo di essere figlia. Si prepara così ad un altro rito, un passaggio di testimone. S’intravede un filo, ci sarà un trasferimento di conoscenza, un dono, oggettivazione della scoperta, che porta a raggiungere la sapienza della Madre, madre con la M maiuscola.

 

l’abbraccio della carne piano si scioglie

e tu mi lasci tra le mani una chiave

 

Una chiave di volta. Una chiave di lettura.  Viene in mente un passo del Simposio di Platone in cui Socrate afferma: «Sarebbe una buona cosa, Agatone, se i pensieri potessero scivolare da chi ne ha più a chi ne ha meno per contatto diretto, quando siamo accanto, tu ed io; come l’acqua che, attraverso un filo di lana, passa dalla coppa più piena alla più vuota. Se è così, voglio subito mettermi al tuo fianco, perché la tua grande e bella saggezza possa riempire la mia coppa».

 

Ora, se il flusso della conoscenza da un uomo più saggio ad un uomo meno saggio è in effetti chimerico stando a quello che ci dice Platone, pensare ad un filo di lana che unisca la coppa-madre alla coppa-figlia non è invece altrettanto inimmaginabile.

 

La sapienza raggiunta permette di cambiare l’ottica con cui guardare le cose del mondo e, agli occhi della Ruggiu, la stessa morte può essere immaginata come liquida, sfumata, non definitiva, può lasciare un calco nel letto.

 

La madre è percepita in partenza o in movimento o viene dalla figlia ritrovata; nella casa le porte si aprono e si chiudono, finché non arriva il giorno in cui il passo s’inchioda e il cuore inizia a battere freneticamente.

 

Ci si sveglia allora con il cuore a metà, dopo che è maturata una luce nuova intorno alla madre ora pronta a ricevere il marchio, il segno della poesia.

 

La certezza è che resterà qualcosa, una presenza evocata mentre si apparecchia la tavola la sera, pur nel silenzio urlato dalla straziante assenza.


Con occhi infantili e un lessico limpido (che caratterizza tutta la raccolta) la Ruggiu infine si augura: ci dev’essere un cielo delle madri/dove s’incontrano la mia, la tua/ci dev’essere un luogo in cui/ci sentiremo ancora figli.

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