Dicembre in Africa
Man Ray, Beatrice Hastings, 1932

Dicembre in Africa

diBeatrice Hastings

Così fusi in un unico azzurro sono il colore del cielo e del mare che la rete dei raggi del sole sembra cadere direttamente dall'empireo sull'agitarsi delle onde. Non si scorge orizzonte, dietro al velo di luce nient'altro che azzurro per vari minuti, finché il sole non si muove dalla sua posizione obliqua.

     Sette bambini sono venuti a giocare sulla spiaggia. Si abbassano i berretti a coprire gli occhi e sguazzano nell'acqua che emerge dalla foschia con il pulsare della marea.

     Un nastro di ciottoli scintillanti percorre il frangiflutti, affiancato da un parapetto con sedili scolpiti nella pietra, per due miglia lungo la riva meridionale. A metà strada il molo meridionale, collegato ad una leggera, e nerissima, linea ferroviaria sempre affollata di vagoni carichi di carbone. Ma niente di tutto ciò è visibile adesso.

Il nastro di pietre bianche sopra il mare, che proprio qui colpisce impetuoso le rocce e i grandi blocchi della muraglia, si lancia bruscamente nella luce, e si perde. Solo le verdi colline, dove la città vive quando finisce il lavoro della giornata, si profilano fuori dal bagliore. 

     Ma presto, quando si alza il sole, l'obliqua e calda lucentezza sfuma, appaiono le rosse ciminiere dei battelli che attraversano la baia e le creste delle onde si profilano bianche al di sopra del blu. Un'isola di nuvole in cielo, con rive celestiali, sembra reale quanto quella della baia. Un pescatore, con un parasole di paglia a coronare il suo rosso turbante Malay, sta remando verso l'isola dei pinguini in una barca rozzamente intagliata. I bambini pianificano il modo migliore per raggiungere l'isola nel cielo.

     In terraferma, la sabbia si raccoglie in dune il cui contorno muta ad ogni cambio di vento. Un caldo alito di vento soffia via una nuvola di atomi. Dove li porterà?

     La mente rievoca una storia di vaste regioni dove un sole senza pietà impedisce all’uomo la vita, e non concede alle spoglie colline e alle valli pietrose di accogliere bestia alcuna. Dove non c'è vita, non c'è morte. E dove non ci sono vita né morte, l'uomo non giudica il bene e il male. Eppure, nel libro del firmamento dev'esserci nota di questo deserto poiché il sole e la luna sanno arrivarci e le stelle compiono il loro dovere sorvegliandolo nottetempo.

     Dietro le dune, sulla terraferma, è in costruzione una piccola ferrovia, molto brutta, eppure utile visto che con le traversine nere si fanno delle ottime altalene. Ma rotolare giù venti volte nella sabbia con la gola già assetata! I sudditi del Regno dei Cieli non conoscono l'angoscia, solo l'attesa. Dalla città arriverà presto N'dota, la nera N'dota, portando il latte. I bimbi corrono al riparo delle rocce, e in un nuovo gioco si fanno vento a vicenda con i vestiti bagnati d'acqua di mare.

     Si avvicina lungo il parapetto una donna d'Africa. Incede vittoriosamente, equilibrando una cesta sul capo. Il suo volto splende, pronto a salutare chi la riceve. I suoi veli sono mossi dalla brezza che soffia sempre più forte dal mare. Appena mette piede sulla sabbia, non vista, capisce dal suono delle risate dove stanno giocando i bambini dietro le rocce. E avanza silenziosamente, come un leopardo, il corpo potente, i veli gonfiati dal vento che ondeggiano ad ogni suo misurato passo. 

     La caccia finisce troppo presto. Un bimbo piccolo corre fuori da dietro le rocce e annuncia il suo arrivo. N'dota esce dal suo sogno e lancia una risata selvaggia come una freccia nell'aria, e avanza tra i bambini, la cesta in bilico, strattonata dalle loro mani. Presto un fuoco di legna soffia odori fragranti verso le dune. N'dota, mentre dispone sette tazze intorno a un cerchio di pane e dolci, prepara mentalmente una storia per dopo cena. Ripete a se stessa come il coniglio delle rocce morì: 

     “Il coniglio infastidito dalle mosche, le scaccia dalla testa con le mani. Lo sciacallo infastidito dalle mosche le scaccia dalla testa con la coda. Il coniglio non ha coda. Il coniglio è molto arrogante. Dice: anch'io scaccio le mosche con la coda. Tutto il giorno agita dove sta la coda. Tutto il giorno le mosche mangiano sulla sua testa. Mosche felici, e alla fine, coniglio morto!” 

     Ma invece, dopo aver riempito tante volte sette tazze, N'dota si dimentica di voler raccontare questa storia, e racconta quella della Donna Luna: 

     “La Luna lei cerca di svegliarsi presto come il Sole, perché ha regali da dare alla gente. Ma sempre è buio prima che si sveglia. Gli stregoni la fanno dormire. Lei brilla molto forte, troppo forte e la gente vede solo la sua faccia. Non può vedere le sue mani. Ogni notte vicino alla luna brilla una stella. È anello della sua mano. Nelle mani ha tutto quello che tutti vogliono, ma Donna Luna non si sveglia mai in tempo per mostrare le mani!”

     N'dota muove la testa, un profilo d'ebano contro il giallo sfumato del tramonto. Le navi nella baia scintillano come pietre preziose sulle correnti, ma sulla riva avanza un'ombra violacea. Le rocce, sfavillanti verso l'entroterra, sono blu scuro verso l’oceano.  

     Comincia a farsi umido. Il vento lascia un sapore salmastro sulle labbra. Un'onda improvvisa si rompe proprio sopra al fuoco. É ora di andare a casa. I Kaffir, che hanno lavorato invisibili tutto il giorno tra carri e gru sul lontano molo, si affollano sulla strada di casa; mentre camminano oscillando ritmicamente i fianchi, si sfidano in racconti di prodezze e banchetti, e il più loquace deride gli altri. Quattro o cinque dei più seri si fermano e discutono con voci simili al gorgoglio delle acque. Si separano con solenni saluti, alcuni si dirigono al kraal su a Baaken's Vale, altri oltre le capanne di lana e piume, tutte chiuse adesso, verso la città.

     

     Quando la strada attraversa la collina dove  vivono i sette berretti, il sole balza in avanti, un agile spirito rotante con ali dorate. Veloce, veloce, Donna Luna! In cima alla collina c'è ancora luce e meno umidità che laggiù, e il giglio e la calla e la rosa e l'oleandro emanano i loro incensi serali. Le ali d'oro si allontanano, appaiono i bastioni rosacei delle torri celesti, i fiori spandono dolcemente il loro odoroso messaggio.

     Il sole balza con furioso slancio giù dal ciglio orientale. Ed allora, ancora pallida ed assonnata, nuota sopra il mare Donna Luna. Troppo tardi, ancora una volta! Si vede solo il suo volto. Le sue splendide mani sono nascoste sotto al manto della notte.


Il racconto è stato pubblicato in THE NEW AGE il 30 dicembre 1909

La traduzione in italiano è stata curata da Matilde Cini


A breve, Terra d'ulivi edizioni aprirà una nuova collana diretta da Maristella Diotaiuti che accoglierà i testi di Beatrice Hastings, per lo più inediti in Italia


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