DU Fu: questa è la guerra!
Elio Scarciglia, I sassi di Matera

DU Fu: questa è la guerra!

diGiancarlo Locarno

Nella seconda metà degli anni settanta, all’università di Milano, conobbi un anziano
professore cinese che lavorava nel laboratorio dove svolgevo la mia tesi, aveva la tipica gentilezza affettata orientale e, cosa che  trovavo curiosa, indossava sempre la divisa maoista.

Con il tempo siamo entrati in una certa confidenza e  avevo trovato il coraggio di mostrargli i miei primi tentativi di traduzione dei poeti Tang, in particolare Li Bai e Wang Wei. Mi diceva sempre che il maggior poeta cinese era invece  Du Fu. Io pensavo, perché Du Fu?, con le sue poesie di guerra, le geografie dei viaggi, le geremiadi, ..mi piacevano molto di più Li Bai con le sue raffinate atmosfere o Wang Wei con i suoni del vuoto sulle vuote montagne.


Adesso che sono vecchio, invece ho cambiato idea, penso anch’io che sia Du Fu  il più grande tra i poeti non solo dell’epoca Tang, ma di tutta la storia della Cina, uno dei pochi che può essere letto come un poeta contemporaneo, le sue opere sembrano scritte oggi.


Nasce nel 712 dc nello Henan, da una famiglia di cortigiani di basso rango,

non superò mai i terribili esami imperiali, come fecero invece Li Bai e  Wang Wei.

Le bocciature lo costrinsero per tutta la vita ad incarichi considerati di basso livello, e forse fu proprio questo ciò che gli diede un punto di osservazione privilegiato, proprio nella linea di frattura tra i favoriti personaggi della  corte

e il resto della sfortunata  popolazione.

Visse durante la rivolta di Lan Lushan, una guerra civile  che sterminò la popolazione

della Cina, la sua vita fu un continuo viaggio, per sfuggire alla guerra e alla fame

attraverso  i magri incarichi che gli venivano via via assegnati,  muore nel 770 dc

mentre cerca di attraversare un fiume.

Du Fu non fu amato dai contemporanei sebbene il suo stile sia impeccabile dal punto di vista  tecnico, forse perché era l’acuto osservatore di una realtà che nessuno voleva vedere.


Il canto dei cinquecento caratteri che riporto nella mia traduzione

(l’originale cinese è riportato con i caratteri classici per sottolineare la loro bellezza, non con quelli semplificati di uso comune sui quali è stata fatta la traduzione) è il capolavoro assoluto di Du Fu, prima non esisteva nulla in Cina che mescolasse lirica, canto  epico e sociale con questa intensità.


Gli imperi crollano, i versi di Du Fu come i fiumi e le montagne restano.





  Sulla via di Feng Xian canto cinquecento caratteri



Sono un uomo qualunque

indosso vesti delle mie colline.


Sono vecchio  e  sempre più stupido

anche se consento ancora  al mio corpo qualche follia


vorrei rubacchiare come  gli altri funzionari

ma stranamente non mi ricevono più a corte.


Incanutisco,  ma la mia mano lavorerà ancora

finché il coperchio di un sepolcro, com’è normale, cesserà l’ufficio.


Le mie aspirazioni vengono spesso incrinate

sarà un anno triste per la maggioranza di noi

e il mio intestino sospira e arde.


Gli altri letterati mi deridono

ma il mio canto si spande sempre più intenso.


Ho attraversato fiumi e mari

solitario, mi accompagnano tramonti e chiari di luna.


Ho dedicato la vita all’imperatore

ma non sopporto i compromessi segreti del successo.


Oggi la corte ha molte voci come strumenti musicali

ma mancano i pilastri.


Il girasole inclina verso il sole

questo sostanziale carattere non può essere cancellato.


Non voglio essere come i vermi e le formiche

che si sforzano nel loro buco di pensare solo a sé
trascurano di ammirare la bellezza della grande balena

che salta e sprofonda nel mare.


Ho compreso le ragioni della mia vita

che sollecita solo umiliazioni e affari aridi.


Per ora si sta in piedi

mi trattengo dal diventare polvere

morirò col rimorso di non essere un eremita.

Ma sono incapace di cambiare:


Amo bere per ottenere la gioia

e la poesia per limitare la tristezza.


Sono un tramonto che lascia cento erbe appassite

un vento forte che sgretola la cima delle colline.


Oggi il cielo è nuvoloso e ripido

come uno straniero nella notte vado al centro della Cina.


La brina fredda  rompe la cintura del mio vestito

Il mio dito gelato non può più indicare.


Prima dell’alba supererò le montagne

il trono imperiale è sul loro arcobaleno.

Un luogo fantastico, il gelo riempie il cielo vuoto.


Solennemente scendo a valle per scivolosi dirupi

nella testa laghi profumati da paradisi caldi.


Ecco le guardie imperiali in attesa di nuovi conflitti.

E i cortigiani che si divertono lieti.


La musica scuote l’anima come il terremoto le montagne.

Solo ai più alti funzionari è concesso  bagnarsi nelle terme

ai banchetti le giacche corte non sono ammesse.


Si distribuisce, secondo il rango, la  seta rossa

da portare alle donne con le case calde

i loro mariti  picchiano  i domestici

e si riuniscono per imporre tributi alle città distrutte.


Se il saggio porge un canestro di grazie

riempito col desiderio che la nazione rimanga viva

e se il cortigiano riuscisse  a cogliere questa ragione

credi che il monarca spargerebbe ancora la sua seta?

Molta gente riempie la corte

quelli benevolenti tremano.


Senti i piatti d’oro
custoditi nei locali delle concubine .

Al centro della casa danzano come fossero immortali.

Il fumo inganna sulla giada della loro pelle.

Agli ospiti pellicce di martore e sorci per restare caldi.


Le tristi musiche scacciano quelle belle.

Si raccomandano all’ospite zuppe esotiche  

la brina arancione copre la fragranza del mandarino

nei magazzini vino rosso e carne sono ammassati fino a imputridire.


Fuori nelle strade ci sono gelo, morte e scheletri

la gloria sfiorisce molto vicino, dove il mondo è diverso.

Mi sconsolo a narrare ancora disgrazie.


Vado a nord in direzione dei fiumi Jing e Wei

ma le guardie mi fanno cambiare strada.


Una massa d’acqua scende da occidente

dai picchi più alti il mio occhio torreggia.

Mi sembra di essere a Kong Dong

Temo di toccare il pilastro del cielo con la mano.


Per fortuna il ponte sul fiume c’è ancora

la pertica si rompe con un suono che sembra il lamento d’un animale

ci aiutiamo reciprocamente nel passaggio

del vasto fiume che dobbiamo attraversare.


Mia moglie è al sicuro a Feng Xian

siamo dieci bocche  separate dalla tempesta.

Come ho potuto non averne cura per così tanto tempo?


Vado con loro a condividere fame e sete.

Ho imparato a riconoscere i lamenti.


Il mio figlio più piccolo è morto di fame.

Cerco di non abbandonarmi al dolore

e di non piangere.


Ho il rimorso di non essere un buon padre

perché non ho cibo da portare a casa.


Non sapevo che in autunno c’è il raccolto del riso

ma i poveri muoiono lo stesso di stenti.


Io vivo senza pagare le tasse

e non mi mandano in guerra.


Nelle tracce della mia vita trovo afflizione
ma le persone comuni sono molto più tormentate di me.


Hanno perso tutto.

Penso ai soldati morti lontano in battaglia

e la tristezza mi sormonta

come un’enorme caverna di cui non vedo la fine.


自京赴奉先縣詠懷五百字


 
杜陵有布衣

老大意轉拙

許身一何愚

竊比稷與契

居然成獲落

白手甘契闊

蓋棺事則已

此志常覬豁

窮年憂黎元

嘆息腸內熱

取笑同學翁

浩歌彌激烈

非無江海志

蕭灑送日月

生逢堯舜君

不忍便永訣

當今廊廟具

構廈豈雲缺

葵藿傾太陽

物性固莫奪

顧惟螻蟻輩
但自求其穴
 
胡為慕大鯨

輒擬偃溟渤

以茲誤生理

獨恥事干謁

兀兀遂至今

忍為塵埃沒

終愧巢與由

未能易其節

沉飲聊自遣

放歌颇愁绝

歲暮百草零

疾風高岡裂

天衢陰崢嶸

客子中夜發

霜嚴衣帶斷

指直不得結

凌晨過驪山

御榻在嵽嵲                 

蚩尤塞寒空

蹴蹋崖谷滑

瑤池氣鬱律

羽林相摩戛                                      

君臣留歡

樂動殷膠葛

賜浴皆長纓

與宴非短褐

彤庭所分帛

本自寒女出

鞭撻其夫家

聚斂貢城闕

聖人筐篚恩

實欲邦國活

臣如忽至理

君豈棄此物

多士盈朝廷

仁者宜戰栗

況聞內金盤

盡在衛霍室

中堂舞神仙

煙霧蒙玉質

暖客貂鼠裘

悲管逐清瑟
勸客駝蹄羹
霜橙壓香橘

朱門酒肉臭

路有凍死骨

榮枯咫尺異

惆悵難再述

北轅就涇渭

官渡又改轍

群水從西下

極目高崒兀

疑是崆峒來

恐觸天柱折

河梁幸未坼

枝撐聲 窸窣

行旅相攀援

川廣不可越

老妻寄異縣

十口隔風雪

誰能久不顧

庶往共饑渴

入門聞號啕

幼子餓已卒

吾寧舍一哀

里巷亦嗚咽

所愧為人父

無食致夭折

豈知秋禾登

貧窶有蒼卒

生常免租

名不隸征伐

撫跡猶酸辛

平人固騷屑

默思失業徒

因念遠戍卒

憂端齊終南

項洞不可掇


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