
Il presidente Trump e lo stile classico
Negli anni Trenta, prima in Italia e in Germania, poi in Unione Sovietica e Spagna, si andò affermando un tipo di architettura che faceva riferimento a un classicismo in chiave celebrativa, in netta contrapposizione con il nascente Movimento Moderno che invece sperimentava soluzioni volumetriche diverse, un rapporto con il luogo più organico, aggregazioni spaziali ardite, rese possibili dall’uso dei nuovi materiali, il ferro e il cemento armato.
Furono anni di polemica e di scontri e, nel caso dei regimi totalitari, fu reso impossibile progettare e costruire se non in uno stile classico che è stato definito subito dopo monumentale.
Non si trattò solo di attingere alle forme del passato ma di entrare in una retorica dello spazio, accentuando la simmetria dei corpi, usando proporzioni monumentali e fuori scala, creando fuochi ottici unidirezionali, prediligendo materiali “aulici” per i rivestimenti.
L’architettura, nel caso di regime totalitari, doveva essere l’espressione tangibile del potere, dare sicurezza e certezza, creando, a livello urbano, grandi assi stradali culminanti in manufatti architettonici celebrativi. Prospettive fisse, statiche, per una logica che non ammetteva il dubbio.
In Italia Piacentini, protagonista dell’architettura e dell’urbanistica nel ventennio fascista, fu uno dei maggiori ideologi del monumentalismo di regime, arrivando a proporre una sorta di ripartizione delle competenze: ai razionalisti, che facevano parte del movimento moderno, spettava progettare edifici di carattere economico mentre agli altri spettava occuparsi degli edifici di rappresentanza e di quelli religiosi. Dove per gli altri si intendevano gli architetti di regime. Inoltre doveva essere chiaro ed esplicito promuovere e far risaltare le caratteristiche locali, sempre all’interno di una matrice classica.
E con queste premesse volgiamo ora lo sguardo agli Stati uniti e al presidente Donald Trump. È del 28 agosto 2025 l’emanazione presidenziale dell’ordine esecutivo che impone per la costruzione dei nuovi edifici federali il ricorso allo stile classico e tradizionale.
L’ordine va applicato anche ai tribunali, alle sedi di agenzia e a tutti gli edifici che hanno un costo superiore ai 50 milioni di dollari. Le eventuali proposte progettuali che differiscono dallo stile classico devono essere segnalate, motivate e approvate dal presidente.
L’ordine esecutivo fa seguito a una precedente direttiva del 20 gennaio 2025, Promoting Beautiful Federal Civic Architecture (Promuovere la Bella Architettura Civica Federale), che per prima ha definito l’interpretazione dell'amministrazione secondo cui gli edifici civici dovrebbero essere "visivamente identificabili" e radicati nelle tradizioni regionali e classiche. Il decreto, intitolato Making Federal Architecture Beautiful Again (Rendere nuovamente bella l'architettura federale), stabilisce che lo stile classico e tradizionale, come il neoclassico, il neogreco, il neogotico, addirittura il beaux arts, il coloniale spagnolo, sia lo standard corretto.
Si ritorna dunque a ciò che era in voga agli inizi dello scorso secolo, ignorando tutti i movimenti artistici successivi che hanno cercato un nuovo linguaggio per l’architettura che esprimesse le istanze, le conquiste, la storia degli uomini del proprio tempo.
Si ritorna dunque a quella retorica dello spazio che rivuole volumi composti, simmetrici, bloccati che sottendono un certo modo di intendere le relazioni di potere e di rappresentanza.
L’ordine mette anche in discussione il Design Excellence Program, introdotto nel 1994 per incoraggiare il design contemporaneo attraverso concorsi aperti. Trump lo ha criticato perché produce edifici, a suo avviso, non riconoscibili e senza carattere.
Ma i concorsi pubblici sono importanti perché danno la possibilità di una partecipazione ampia, che coinvolge progettisti di più nazioni e il cui lavoro finale viene sottoposto al giudizio di una commissione competente e non solo a quello di un direttivo presidenziale.
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