
La magia del cinema costruisce la pace, rende la morte non più assoluta
Lumière – l’avventura del cinema, di Thierry Frémaux
L’arte del cinema è quella che più ho amato sin da bambina. Mio padre mi iniziò a questa passione, che non si è mai attenuata nel corso della mia vita, pure distratta da tanti impegni e da svariati interessi, questi sì, mutati nel tempo. Così, all’aprirsi del documentario realizzato da Thierry Frémaux e da pochi giorni nelle sale italiane, quelle operaie fine Ottocento, ben vestite perché stanno uscendo da un lavoro massacrante ma sanno che verranno riprese, che procedono come una fiumana che avanza verso di noi incessantemente, mi lascia senza fiato. Come se non bastasse l’infinita bellezza delle immagini, la musica di Gabriel Fauré (, opera 50 ) ci attraversa di ricordi e sensazioni, esalta la forza immaginifica di ciò a cui assistiamo al grado più alto. Sono commossa.
Frémaux è direttore artistico del Festival del cinema di Cannes e dell’Institut Lumière di Lione, per la seconda volta ha deciso di creare un documentario dedicato ai fratelli Auguste e Louis Lumière, inventori della prima macchina da presa. Il documentario raccoglie sapientemente 120 a dir poco incantevoli sequenze di 50 secondi ciascuna, che fanno parte delle 250 create principalmente da Louis e dai suoi collaboratori tra il 1895 e il 1905. Auguste girò un solo filmato, molto bello, che piaceva tanto a Louis. Un gruppo di contadine brucia fasci d’erba a La Ciotat. La stessa cittadina della Costa azzurra in cui arriva il famoso treno dei Lumière, protagonista di una nota sequenza cinematografica, che non sembra volersi fermare davanti allo spettatore e che spaventerà tanto pubblico! Louis, il fratello minore, ha realizzato gli altri filmati assieme a vari operatori, che ha mandato nei diversi paesi del mondo. Il padre Antoine, pittore, fotografo e uomo d’affari, che ha introdotto i figli a studiare le tecniche che li avrebbero portati a creare il cinematografo, è fiero di loro. A cinquantacinque anni, nel 1895, lo riprendono nel film “La partita a carte”.
Il cinema dei Lumière riprende sempre momenti di realtà, anticipando la strada al Neorealismo italiano, di Rossellini e del Visconti de “La terra trema”. Ma anche la Nouvelle vague francese, in particolare François Truffaut. Molto diverso dal cinema onirico e con effetti spettacolari di Méliès, quest’ultimo più vicino a quelli che saranno i modelli del cinema americano. Antoine e i figli operano a Lione, spostandosi poi a Parigi e, per alcuni periodi, negli Stati Uniti.
Le immagini ‘magiche’
La magia di cui parlo non è quindi quella legata ad effetti speciali, ma è la magia del cuore, che viene colpito irrimediabilmente da tanta verità e bellezza. Pura poesia.
Un corpo di cavalleria avanza, lo avvistiamo in lontananza, lo sfondo sembra un deserto misterioso. Man mano che i cavalieri si avvicinano, percepiamo il loro movimento militare ed equestre come una sorta di danza.
Numerose sono le scene buffe, volutamente e involontariamente. Due bambine piccole sul seggiolone indossano enormi vezzose cuffiette. Una di loro, la ‘cattiva’, tormenta col cucchiaio la sua vicina, la bimba ‘piagnucolona’. Più la vede sofferente, più procede a tormentarla. Un vero spasso per lei, e anche per noi!
Bellissima famiglia di acrobati si esibisce. I bambini sono irresistibilmente abili ed eleganti, anche quando sembra cadano in modo maldestro.
Sullo sfondo degli Champs-Élysées attraversati da carrozze che ospitano gentildonne e gentiluomini, tre bambine giocano, assistite dalle mamme e in compagnia di un cagnolino. Gli abiti delle bimbe sono ricchi e immagino pesanti e ingombranti. Ma … quanta grazia! Un perfetto dipinto di Pierre- Auguste Renoir.
Molte le immagini che ci richiamano la pittura impressionista. C’è la realtà, ma così leggera, a volte sfumata, da nutrirci delle sue impressioni.
La voce che commenta è quella di Valerio Mastrandrea, una voce semplice e amichevole, che ci piace ascoltare perché ci porta con dolcezza e determinazione nel mondo della settima arte che, con il suo messaggio fraternamente umano, da ovunque provenga, ci vuole orientare verso la bellezza, verso la pace. La voce, nella versione francese, è quella dello stesso Frémaux, autore del testo che ci accompagna in questa meravigliosa avventura delle origini della visione di noi, che ci muoviamo, che agiamo, che viviamo la fatica del lavoro, che amiamo, che scherziamo, che lottiamo. Il film è diviso in capitoli, uno di questi s’intitola “La morte non sarà più assoluta”. Mi colpisce molto. Grazie al cinema noi potremmo vivere per sempre. Sino a quando a questo rito, fondamentale per l’essere umano, che riporta le nostre esistenze, il nostro passaggio sulla terra, difficile ma anche bello, rimarrà vivo. W il cinema. Che viva il cinema!
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