La poetica del frammento
Salvatore Ruggiu - Bosa

La poetica del frammento

diFloriana Coppola

 Paralleli scorrono i pensieri 

a una realtà imperfetta.

 Utopie lattiginose ubriacano la mente. 

L’orizzonte attende 

indifferente

La poesia contemporanea ormai vive seguendo molteplici direzioni. La versificazione oggi è, in gran parte, caratterizzata dalla sperimentazione di vari stili. Dall’impostazione confessionale, intimistica e esistenziale, alla poesia metafisica surreale, dalla poesia narrativa al racconto poetico, fino all’erudita ripresa classicheggiante dell’endecasillabo e del sonetto.  E’ possibile rintracciare un ventaglio infinito di stilemi poetici, non classificabile assolutamente in una sola corrente. Forse tra qualche anno avremo il coraggio e la chiarezza necessaria, attraverso uno studio critico/letterario,  per poter descrivere in dettaglio questo arcipelago di proposte esistenti. Per adesso, credo risulti ancora impossibile parlare di correnti letterarie, ma consta capire e dare nome ad alcune influenze che permangono, ad altre che si sono sovrapposte, creando un notevole effetto espressivo. In questo spazio letterario così sfuggente alle classificazioni, sta riemergendo con forza l’evoluzione compositiva del frammento, un breve componimento poetico, che ha in sé la potenza evocativa del significato e la pregnanza ritmica delle allitterazioni e delle assonanze, preferendo a volte anche rime interne al verso, oppure cercando esiti squisitamente metaforizzanti. Nel nuovo lavoro poetico di Maria Antonella D’Agostino, "Parallele", infatti è possibile rintracciare proprio la misura del frammento poetico, utilizzato in tutta la sua  fulminea suggestione.  

Gocciolano i pensieri 

dalle crepe dei giorni. 

Il delirio danza.

Il frammento risponde a una necessità filosofica epigrammatica, seduce per la forza della sua brevità, per l’elaborazione selettiva delle parole che devono contenere il messaggio, la metafora, l’intuizione esistenziale, la percezione  poetica senza mai oltrepassare il limite. Il limen è la sottrazione. Togliere con eleganza, con determinazione intellettiva e sentita, mai aggiungere. Eliminare il superfluo, il sovrabbondante. La lezione dell’ermetismo italiano risulta magistrale in questi esiti poetici. Ungaretti e Montale hanno lasciato delle indicazioni precise. Incisività, brevità e essenzialità del messaggio. Il pensiero poetante viene investito da questi diktat, che esprimono un varco necessario per una comprensione spesso chiusa a una facile lettura ma densa filosoficamente di senso. Dire poco e dire bene. 

Il giorno s’insinua 

tra le ciglia. 

Un altro se 

mi divora.

Il frammento poetico riprende sia la tradizione classica greca e romana che la tradizione poetica orientale dell’aiku, anche se in forma più libera e espressiva. L’intuizione poetica di Maria Antonella D’Agostino segue la necessità di creare un parallelismo tra ciò che viene percepito dalla realtà esistente e ciò che viene pensato. Realtà e desiderio. Illusione e caduta. Due binari che non si sovrappongono. Il pensiero crea l’utopia che viene definita dall’autrice lattiginosa. Quindi opaca, mai trasparente. Oggetto misterioso che slitta avanti inafferrabile. La realtà percepita è dolorosamente indietro. “I fenomeni invisibili si interrogano su interiorità nascoste “ dice Donato Antonio Lo Scalzo nell’elaborata prefazione al testo. L’inganno del tempo, le disillusioni e la fragilità sono tre campi semantici e filosofici che ritornano nella silloge sia nell’annuncio della tripartizione che all’interno delle strofe. Ingenua e stupida, così  più volte si giudica colei che scrive, percependo la sua fragilità e il dolore come ineluttabile presenza nella sua vita. La ferita della donna nel suo stare al mondo viene toccata e ripresa come esito di un destino imprescindibile. Incancellabile segnatura di un’esistenza che deve fare i conti con il distacco e la separazione. Il testo, nel suo svolgersi, rivolge un continuo interrogativo esistenziale: si può capire come difendersi da ogni  illusione? E’ possibile individuare con cura e chiarezza quale attrezzatura interiore scegliere per non farsi male?  La risposta  porta all’abbandono metafisico in una utopia spirituale, orizzonte liberatorio e catartico che non spiega le cicatrici offerte dal tempo ma diventa una fonte di attrazione per l’animo umano, di  consolazione estrema alla fatica del vivere.

Il filo si assottiglia

e io

non Ti ho cercato abbastanza.

Dolore, inganno e delirio. Altra triade semantica che ritorna nei versi dell’autrice. Parole che indicano la frustrazione di una solitudine che si rinnova nell’incomprensione relazionale. L’interlocutore umano sconcerta con i suoi messaggi ambigui, non offre sostegno mentre l’interlocutore divino viene implorato per la sua assenza. La forma del frammento, ancor di più, riesce a sottolineare questa ricerca spirituale parallela alla esplorazione del vivere sociale. La natura è presente nei versi di Maria Antonella  D’Agostino, è un richiamo continuo, uno sfondo che sollecita il suo discorso metaforico/simbolico. La falena, i rovi e le spine, il cielo, il vento, la gramigna, l’aquila e il volo, la zolla e la pioggia sono innesti simbolici tra l’esperienza vissuta e l’urgenza di un’ espressione aderente al sentimento della  fragilità umana. La natura non viene descritta mai come eden creaturale, è il riferimento connotativo di un dramma esistenziale elaborato con sofferenza e rimpianto. Il gioco tragico tra illusione e realtà è centrale nel dispiegarsi della poesia, strumento di svelamento ulteriore e di testimonianza profondamente umana. 



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