
La storia dell’Edizione Nazionale dell’opera di Ugo Foscolo: da Barbi a Binni
Molte pagine sono state scritte sull’opera di Ugo Foscolo, ma poca importanza, salvo sporadiche eccezioni costituite da interventi in riviste, è stata data all’Edizione Nazionale della sua opera e ai risvolti filologici che questa ebbe, andando a sancire un vero e proprio spartiacque tra prima e dopo l’Edizione Nazionale. Il presente lavoro vuole concentrare la propria attenzione proprio su quest’ultima, andando a ripercorrerne la storia e cercando di esaminarne i risvolti. Ma andiamo con ordine, da quale idea scaturì il progetto editoriale?
Ricostruiamo ordinatamente l’attività letteraria di Ugo Foscolo.
Egli iniziò precocemente la sua attività letteraria; se i risultati di questa produzione sono scarsi, essi rimangono tuttavia importanti. In essi infatti si possono già cogliere alcuni tratti della formazione del poeta che incideranno sulla sua futura evoluzione. La separazione tra l'esperienza autobiografica e quella letteraria è decisamente netta. Infatti, se sul piano autobiografico, come emerge dalle lettere, si scorge un animo appassionato e ribelle dominato da un senso triste della vita, legato agli affetti familiari e ossessionato dal pensiero della morte; sul piano letterario Foscolo agiva in un'altra direzione, esercitandosi, con un utile apprendistato tecnico, su modelli come Metastasio e l'Arcadia in generale. Solamente tra il 1795 e il 1797 Foscolo inizia ad esprimersi con degno valore stilistico, mettendo a frutto le sue conoscenze enciclopediche, ma soprattutto liberando l'animo da quella materia sentimentalmente bruciante e non ancora del tutto definita che scaturiva dalla sua indole ribelle e nello stesso tempo venata di tristezza. Risalgono a questo periodo i quattro sonetti In morte del padre, l'elegia In morte di Amaritte e Le Rimembranze, dove si sente l'influsso del preromanticismo inglese. In questa seconda elegia, dove si fa cenno del sofferto amore del poeta per una Laura, viene presentata una scena simile a quella descritta nella lettera di Jacopo Ortis del 14 maggio 1798, che prova in modo indiretto che nelle Ultime lettere si trova traccia del romanzo di Laura (Laura, lettere) menzionato nel Piano di studi. Sempre a questo periodo appartengono le odi Ai novelli repubblicani e A Bonaparte liberatore, la sua prima tragedia intitolata Tieste, il Sesto tomo dell'io e gli sciolti Al Sole, che risentono d'echi ossianeschi e younghiani ma segnano un passo verso l'originalità. Terminato in un certo senso il suo apprendistato poetico, Foscolo si cimenta nella prima opera importante, le Ultime lettere di Jacopo Ortis, che rappresenta un punto chiave del suo percorso spirituale e letterario.
Fatta questa breve e doverosa premessa concernente il primissimo periodo dell’attività editoriale di Foscolo, ricostruiamo ora la storia e le vicende dell’Edizione Nazionale.
L’analisi che oggi si persegue dell’opera foscoliana è quella, la cui direzione è stata sancita dall’intervento tenuto nell’ottobre del 1978 presso l’Accademia dei Lincei da Walter Binni [1], cioè un’analisi oltre la dicotomia dell’impegno e del disimpegno foscoliano. Tale dicotomia che nel corso degli anni ne ha generate altre, come quella tra coscienza storica e mito consolatore o quella tra empito ortisiano e sorriso didimeo. Non è possibile concepire un autore come Foscolo solo all’interno di tali dicotomie, poiché risulta riduttivo per la sua stessa opera.
Ma torniamo ora sull’intervento tenuto da Binni per le celebrazioni foscoliane: «Sicché di nuovo si rafforza l’esigenza di una interpretazione intera dell’opera foscoliana, ma nel suo sviluppo e nell’attrito con la storia mutevole e drammatica del suo tempo, conflittuale e tormentata essa stessa in sede politica, culturale, letteraria, così meglio seguendo e in miglior modo comprendendo gli stessi nodi problematici del suo complesso e spesso complicato pensiero: nodi che poi non sono affatto risolti (come di solito si dice con una scappatoia troppo facile) dalla poesia e dal suo miracoloso intervento, ma che nella poesia portano il loro attrito e così la potenziano, la dinamizzano, le danno il suo significato interno e dinamico, mentre poi la poesia riconverge sollecitante nella intera problematica in svolgimento. Tale interpretazione si potrà realizzare solo in una nuova monografia che intrecci continuamente le vicende personali, la storia, la problematica del politico, dell’intellettuale, dello scrittore, la sua poetica in movimento, nelle varie angolature dei suoi interventi storico-poetici» [2].
Quella che Binni sta descrivendo è un’antologia critica dell’opera foscoliana. La sfida lanciata dal filologo italiano nel 1978 fu accettata e portata gloriosamente a termine da Francesco Pagliai, Gianfranco Folena e Mario Scotti, i quali nel 1985 per Le Monnier pubblicarono l’Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo, Poesie e carmi: poesie, Dei sepolcri, poesie postume, Le Grazie [3].
L’opera raccoglie tutta la produzione in versi di Foscolo. L’opera era già stata progettata sessant’anni prima da Michele Barbi [4]. L’importanza di tale edizione fu enorme, poiché, Foscolo pur essendo uno dei “classici” italiani, prima di tale data non ebbe mai un’edizione nazionale che andava a riunire la sua opera.
Michele Barbi aveva inizialmente affidato a Francesco Pagliai il compito di preparare l’edizione critica della produzione poetica maggiore foscoliana, e a questo compito, con l’assistenza e la guida prima dello stesso Barbi e poi, dopo la sua dipartita, di Mario Fubini, il quale aveva sostituito Barbi nella direzione del Comitato per l’Edizione Nazionale, il Pagliai si dedicò con molta dedizione. Scomparso anche Pagliai, dopo aver curato la pubblicazione di una edizione minore, Mario Fubini affidò il compito a Gianfranco Folena e Mario Scotti. Partendo proprio dai risultati di Pagliai, in parte accettandone e in parte modificandone i criteri ecdotici, i due curatori portarono avanti il lavoro sino al compimento.
Ma cerchiamo ora di comprendere poiché la produzione poetica foscoliana ebbe una vicenda editoriale così intricata.
Thomas Stearns Eliot definì la poesia di Foscolo una sorta di vivente unità di tutte le poesie scritte prima di lui [5]. L’espressione risulta decisamente suggestiva, se si riflette sul peso che i modelli della tradizione, classica e moderna, ebbero nel concreto lavorìo della scrittura foscoliana. Il suo essere rivoluzionario risiedeva proprio nella costruzione del nuovo mediante i modelli del passato. Ma vediamo ora le vicende editoriali legate alle sue opere.
L’edizione definitiva dei Sonetti è pubblicata a Milano presso l’editore Nobile nel 1803, assieme vi compaiono anche le due Odi. La lunga e travagliata vicenda editoriale dei Sonetti cominciò con la prima edizione pisana del 1798, che solo 7 componimenti.
Per comprendere però l’importanza dell’Edizione Nazionale degli anni Ottanta, dobbiamo tornare a Folena e Scotti, ai quali Binni, dopo la morte di Fubini, affidò al primo la curatela delle Odi, dei Sonetti, dei Sepolcri, dell’Inno alla Nave delle Muse, dell’Epistola a Vincenzo Monti, mentre al secondo la edizione critica delle Grazie. La pubblicazione, soprattutto per gli sforzi di Binni, dell’Edizione Nazionale costituisce un evento decisivo nella storia degli studi foscoliani. L’Edizione si articola in tredici volumi, che si susseguono, non secondo la semplice successione cronologica, ma per affinità di generi e temi. Questa è una costruzione editoriale del tutto nuova per l’opera di Foscolo, una costruzione che getta solide basi per studi futuri e che sancisce un netto punto di svolta con le edizioni passate.
Il primo dei tredici volumi è dedicato alle Poesie e ai Carmi. Al suo interno è suddiviso in due sezioni, la prima curata da Folena e Pagliai, la seconda da Scotti. Ogni sezione è preceduta da un’ampia introduzione storico-filologica. A Folena e Pagliai andò Poesie e Sepolcri, mentre a Scotti le Grazie. Secondo la critica quest'ultima opera germogliò nella mente di Foscolo già nel 1803 quando il poeta, in appendice al commento alla Chioma di Berenice, pubblicò quattro frammenti di un antico inno alle Grazie fingendo di averli tradotti dal poeta alessandrino Fanocle; tuttavia Il progetto finale, un poema in endecasillabi sciolti, vide la luce fra il 1812 e il 1813 quando Foscolo si trovava nella villa di Bellosguardo a Firenze e poteva lavorare con una certa tranquillità. Da quegli anni fino alla sua morte il poeta continuò a elaborare e rifinire il testo, aggiungendo episodi nuovi, rivedendo quelli già composti ed elaborando una complessa struttura che avrebbe dovuto racchiudere i vari episodi in un disegno unitario. Il poemetto, rimasto incompleto, aveva l'aspetto di una raccolta di liriche dotate di una perfetta unità di tono e di stile anche se prive di un vero collegamento concettuale. Nel 1822, a Londra, il poeta ne pubblicò alcuni passi con una dissertazione sul Velo delle Grazie e nel 1825, insieme alla ristampa del Tieste, apparvero altri brani accanto a quelli pubblicati precedentemente che erano stati profondamente rielaborati [6].
Per quanto concerne i Sepolcri, la prima edizione fu stampata nell'officina tipografica Bettoni di Brescia, nella primavera del 1807 [7].
L’Edizione Nazionale, andando a riunire tutta l’opera foscoliana in una unica edizione con una linea univoca di curatela e uno specifico criterio nella composizione e strutturazione editoriale, rivoluzionò completamente gli studi su Foscolo.
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[1] Walter Binni (Perugia, 4 maggio 1913 – Roma, 27 novembre 1997) è stato un critico letterario, politico e italianista italiano. Dal 1936 antifascista liberalsocialista con Aldo Capitini, nel 1946 fu deputato del PSIUP all'Assemblea Costituente. Docente universitario dal 1948, applicò il suo metodo storico-critico allo studio delle poetiche. È stato uno dei maggiori studiosi della poetica e della poesia di Giacomo Leopardi.
[2]. Walter Binni (Perugia, 4 maggio 1913 – Roma, 27 novembre 1997) è stato un critico letterario, politico e italianista italiano. Dal 1936 antifascista liberalsocialista con Aldo Capitini, nel 1946 fu deputato del PSIUP all'Assemblea Costituente. Docente universitario dal 1948, applicò il suo metodo storico-critico allo studio delle poetiche. È stato uno dei maggiori studiosi della poetica e della poesia di Giacomo Leopardi.
[3]. U. Foscolo, Poesie e carmi: poesie, Dei sepolcri, poesie postume, Le Grazie, a cura di F. Pagliai, G. Folena, M. Scotti, Firenze, F. Le Monnier, 1985.
[4]. Michele Barbi (Taviano di Sambuca Pistoiese, 19 febbraio 1867 – Firenze, 23 settembre 1941) è stato un filologo e italianista italiano.
[5]. F. Sarri, Ugo Foscolo, Brescia, La Scuola, 1958, p. 29.
[6]. G. Orelli, Foscolo e la danzatrice, Parma, Pratiche, 1992, p. 23.
[7]. F. Gavino Olivieri, Storia della letteratura italiana, '800-'900, Genova, Nuove Edizioni Del Giglio, 1990, p. 17.
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