Mai stato meglio
Gaspare Canino, Senza titolo 4

Mai stato meglio

diPaolo Beretta

Fa caldo, il parcheggio è quasi deserto e l'asfalto emana l’odore dei fasti della sera precedente. Seduto su un blocco di cemento, Luigi osserva Sveva masticare assorta, aspettando che finisca il suo trancio di pizza.

- Perché mi guardi così? - fa lei.

Lui piega il pezzo di carta che ha in mano, stando attento a non ungersi. - Fa caldo, - dice.

Sveva annuisce. E’ a disagio: Luigi ha mangiato velocemente, sembra aver fretta di andar via; è di cattivo umore e lei non capisce perché. Certo, non è stata una grande idea quella di infilarsi in un centro commerciale, ma almeno lì c'era l'aria condizionata e alla fine è stato divertente, almeno per lei. Le è sempre piaciuto girare per negozi, la distrae, anche se poi non compra niente. Guardando fra gli scaffali, le vengono sempre un sacco di idee. Osserva e a casa riproduce quello che ha visto con ciò che trova. Realizza oggetti di tutti i tipi, soprammobili, centrini, anche capi di abbigliamento. Niente di complicato, ovviamente. Ciò che conta è creare, dice sempre. Adora quei lavoretti manuali, sono gli unici che le danno soddisfazione.

Beve un sorso di coca e appoggia la lattina sul marciapiede, accanto a sé. Luigi è nervoso.

- Che cos'hai? – chiede Sveva.

- Niente - risponde lui schivo. Raggiunge un bidone della spazzatura e vi getta i resti del pasto, indeciso se prendersi un'altra birra. Osserva l'insegna del fast food, sporca e scrostata; di notte, quando è illuminata, non si nota. E’ l’unico locale aperto, gli altri hanno tutti le saracinesche abbassate. Di giorno quel luogo cambia faccia, pensa. Niente luci, musica, niente rumore e gente che s’accalca ai banconi. Nessuna attrattiva: alla luce del sole quel posto appare per quello che è, un insieme di squallidi scatoloni di vetro e cemento semi abbandonati. Luigi sente il bisogno di essere solo, lontano da lì e solo. Sveva non può capire cosa si provi, cosa significhi tagliare i ponti col passato, ribaltare la propria vita, trovarsi un posto dove andare, ripartire da zero. Non sa e non deve sapere. Lei non c'entra, ha fatto tutto lui, da solo. Chi rompe paga, si dice, e i cocci sono suoi. Ha avuto ciò che voleva, in ogni caso, qualsiasi cosa gli sia costato.

Sulla strada, un’auto s'avvicina a velocità un po' sostenuta, svolta e avanza attraverso il parcheggio desolato, fermandosi a pochi metri da loro. Scendono mamma, papà e due ragazzini, cui il padre spalanca la portiera strappandoli alle rispettive console.

- Su, andiamo, - ordina, spingendoli avanti. Rinfila la camicia nei pantaloni e li segue col passo dell’uomo arrivato, rassicurato dal pigolio della chiusura centralizzata. Prima di entrare nel locale, lancia una rapida tutt’intorno. Luigi e Sveva fanno parte dell'anonimo paesaggio del pianeta in cui ha l'aria di essere appena sbarcato, per non trattenersi a lungo.

Liberatasi dei resti del pranzo, anche Sveva si volta a guardare i nuovi arrivati.

- Guardali, la famigliola perfetta. - commenta Luigi. - Bella macchina, bei vestiti, la sicurezza che dà avere un po' di soldi in tasca. Quanto basta a non vedere più in là del tuo naso. A non vederti da fuori. Due bambocci a immagine e somiglianza del loro papà. La vedi anche tu, la loro imbarazzante normalità? Tutto sembra perfetto, ma dietro all'apparenza cosa c'è?

Sveva lo scruta preoccupata.

- Crolleranno. Succederà da un giorno con l’altro e non sapranno perché. Mi fanno pena. Guardarli fa quasi male, - soffia con un filo di voce.

- Sono ciechi, - continua fissando il parcheggio vuoto, assolato. - Vivono seguendo schemi prefissati, pensando di essere felici. Invece sono solo degli illusi, vittime indifese dei loro sogni di carta, vittime di loro stessi.

- Mi fai paura quando parli così, - dice Sveva, gli occhi gonfi di lacrime.

- Che fai, piangi? – esclama lui, stupito. - Su, su, vieni qui -. La tira a sé in preda a un senso di colpa.

Per loro non c'è futuro, pensa, carezzandole dolcemente la nuca. Ma non è colpa di nessuno, le loro vite si sono incrociate per caso. Se guarda avanti, però, è da solo che si vede. Ed è convinto che anche Sveva, in cuor suo, sappia come stanno le cose.

La famigliola felice esce dal locale e s'infila rapidamente in auto, confidando nel climatizzatore.

- Non farci caso, - sussurra Luigi. - Sto bene. Mai stato meglio.


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