
Menabò incontri, un Festival interdisciplinare
Di quanto il nostro tempo abbia bisogno di una visione interdisciplinare della conoscenza, ce lo dimostrano le sperimentazioni, i movimenti, le tante ricerche anche in ambito pedagogico che hanno caratterizzato la nostra società sin dal secolo scorso. Per quanto, infatti, la specializzazione sia sempre più sentita come una necessità per l’approfondimento dei diversi campi del sapere, soprattutto per quanto concerne percorsi istituzionali, istituire un dialogo tra i saperi diviene quasi spontaneo quando ci si avvicina ai contesti legati alle arti. Spontaneo ma non scontato. Da quando ho avuto la fortuna di collaborare con la casa editrice Terra d’Ulivi per i Festival di Menabò Incontri, ho potuto ritrovare quell’avvicinamento tra letteratura, arti visive e musica tanto familiare a molte realtà culturali che avevo frequentato, ma ancora non abbastanza diffuso, nel senso che tutt’oggi la simultaneità delle presenze di questi linguaggi appartengono all’eccezionalità di un singolo momento, alla straordinarietà di un evento, come se in fondo vi fossero radici troppo diverse sotto queste fioriture che noi chiamiamo “arti”. Quando tre anni fa fui invitata dall’editore di terra d’Ulivi, Elio Scarciglia, a raccontare la mia esperienza di critica impegnata nel connettere le sensibilità della poesia con le diverse forme artistiche del nostro tempo, trovai un ambiente già incline all’accoglimento di queste istanze d’apertura o, meglio, di vero e proprio “incontro”. Già diverse opere figuravano sulle copertine di pubblicazioni poetiche e alcune erano esposte nel luogo del Festival a testimoniare un'altra presenza, un altro linguaggio rispetto a quello più propriamente “letterario”. Un carattere di apertura che in questa terza edizione del Festival Menabò Incontri ha contribuito a dare a questa esperienza, un timbro, un colore, un’impronta strutturale e, non in ultimo, gioiosa. Ad aprire il Festival nell’aula consiliare del Comune di Guagnano, sono state due mostre che mettevano a confrontano pittura e fotografia, oltre che le diverse visioni degli autori, Luciano Schifano, per i dipinti, e lo stesso Elio Scarciglia per le fotografie. Entrambi i nuclei di opere condividevano il tema del viaggio, quello della vita e della pittura per Schifano, e quello fisico – ma anche metafisico – per Scarciglia che illustrava con scatti di grande umanità il suo incontro con la lontana Mongolia. Ma forse proprio l’idea del viaggio ha sottilmente unito tutti noi presenti, che nelle presentazioni e nei concerti musicali, nelle narrazioni e negli ascolti, abbiamo compiuto percorsi di conoscenze e scoperte, abbiamo ritrovato amici o ci siamo persi tra mondi di versi e di interiorità che ci erano del tutto ignoti. Non è mancata l’incursione di un’altra arte, quella teatrale, con uno spettacolo dedicato a Rocco Scotellaro e messo in scena dalla compagnia Teatro Dantés, che ha coniugato in sé performance e riflessione storica. Il deus ex machina capace di coordinare e realizzare tutto questo è sempre Elio Scarciglia, che con l’impegno e la lungimiranza di un vero operatore culturale continua a credere nelle arti, nei talenti, nei sogni, in quell’incontro umano che è il senso stesso del “fare cultura”.
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