Pino Scaccia: c'è ancora inchiostro nel suo calamaio. Il ricordo di Anna Raviglione
Elio Scarciglia - costa a nord di Otranto

Pino Scaccia: c'è ancora inchiostro nel suo calamaio. Il ricordo di Anna Raviglione

diLorena Fiorini

I social hanno unito due persone accumunate da un affetto sincero. Anna ed io siamo qui a ricordare un’assenza troppo veloce, ha colpito profondamente tante persone che hanno conosciuto e amato Pino Scaccia. Rintracciare la storia dei suoi ultimi scritti è subito apparsa come un modo per ritrovarlo accanto, farlo vivere ancora un po’. Un Maestro e un’Alunna, una scrittrice che si dedica a promuovere il giornalista, l’uomo, lo scrittore.


 

Buongiorno Anna, ci racconti in quale occasione hai conosciuto Pino Scaccia?

Il nostro incontro ruota intorno ad un libro. Pino ha dedicato ben cinque volumi all'Armir. Li ho consultati per dedicare un omaggio al mio secondo papà, reduce dalla Russia. Glielo ho inviato via mail: non solo gli è piaciuto, ma mi ha dedicato anche una bellissima prefazione ed è venuto a Biella a battezzarlo. Fin da subito, ci siamo accorti di avere una forte intesa intellettuale. Così, di lì a poco, mi ha chiesto di collaborare ad un progetto che serbava da tempo, incentrato sui tranelli della storia.

 

Cosa ha trovato di interessante nei tuoi scritti? Cosa gli era piaciuto?

Lo aveva colpito lo stile della mia prosa. Anche durante le nostre presentazioni ribadiva che il manoscritto inviato era scritto molto bene.

 

Un incontro straordinario il vostro, ha lasciato una traccia profonda e indelebile nella tua vita?

Si, mi ha fatto uscire dal guscio, svelandomi e smantellando la mia scarsa autostima. Mi ha spronato a volare nei cieli della scrittura e ad essere più sicura in pubblico. "A braccio sei fortissima": mi ripeteva come un mantra.

Un giorno mi sorprese dicendomi che in fondo ci eravamo "salvati" a vicenda: devo dire che a me aveva regalato l'onore di collaborare con un autentico maestro e in lui si era riacceso l'entusiasmo di nuove avventure letterarie.

 

Ci sono stati, evidentemente, dei momenti di incontro cementati da un lavoro che ha dato frutti

Ci univa l'interesse per la storia e la scrittura, oltre ad una profonda e autentica intesa mentale. Basti pensare che, pur abitando a 700 chilometri di distanza, riuscivamo a scrivere a quattro mani e a darci a volte la risposta ancor prima di formulare la domanda.

 

IL vostro è stato un rapporto particolare basato su principi profondi.

Il nostro rapporto era speciale, basato sulla fiducia reciproca e, come già detto, su di una straordinaria simbiosi mentale e spirituale.

 

Qualcosa deve averti colpito di Pino. Credo sia importante incontrare il Maestro, ma è stato altrettanto importante seguirlo e mettersi al suo fianco accompagnati dalla scrittura.

Di lui mi ha colpìto fin da subito l'umiltà, la rara capacità di rendere semplice la complessità. Come accade solo ai veri grandi. Una levità che traspariva anche dalla romanità dissacrante e dal suo sorriso sornione, indimenticabile. Ricordo che spesso mi "sfotteva" bonariamente quando gli rammentavo la prima volta in cui lo andai a prendere alla stazione per la presentazione del mio libro. Gli dissi che mi sentivo un curato di campagna in procinto di incontrare il Papa. Questo episodio lo divertiva molto.

 

Avete trovato un modo di avvicinamento nella scrittura, come vi siete integrati?

Il suo stile secco e puntuale racchiudeva ermetici scorci di poesia. La mia prosa era inizialmente più analitica, ipotattica. Lui mi correggeva eliminando qualche aggettivo di troppo: un insegnamento davvero prezioso. Poi, col tempo, la nostra scrittura si è progressivamente avvicinata e lui stesso mi ha confessato in più occasioni che la sua innata vena poetica si era ampliata. Già nel nostro secondogenito molti lettori ci hanno rivelato che lo stile era particolarmente omogeneo ed era difficile cogliere l'autore specifico dei diversi capitoli.

 

Mi piacerebbe conoscere e far conoscere ai nostri lettori qualcosa di inedito dell’uomo e giornalista Pino Scaccia

Era avanti su tutto. La prima volta che ci siamo incontrati in occasione della presentazione del mio libro (lui non aveva mai visto la mia faccia), sono andata a prenderlo alla stazione di Santhià, due ore prima dell'evento. Vidi scendere tutti, ma di lui neppure l'ombra. Il treno ripartì e vissi attimi di terrore. Lo chiamai al cellulare. Mi rispose pacato: "Sono già fuori dalla stazione". Questo episodio lo amava ricordare dicendo che ero riuscita a perderlo in una stazione minuscola, "ai confini dell'impero". Lui a Termini riusciva a “beccarmi” in un attimo.

 

Immagino la preziosità dei suoi scritti, so che li custodisci con dedizione. Rivelaci quale libro ti ha particolarmente colpito

Conservo tutti i suoi libri, che mi regalava venendo a Biella. Oltre ad "Armir, sulle tracce di un esercito perduto" e "Lettere dal Don", "Giornalismo, ritorno al futuro" è quello che prediligo perché emergono scorci strabilianti del suo vissuto da inviato, oltre che insegnamenti imprescindibili per tutti gli aspiranti giornalisti.

 

A quale ricordo sei particolarmente legata?

Centinaia, tutti incisi nella mia memoria. Come quando, portandomi tra i meandri della sua infanzia sulle tracce degli esordi, approdammo in piazza di Spagna. Pino mi indicò la scalinata vuota su cui andava a sedersi sovente nelle notti in cui lavorava a "Momento sera". Diceva: "avevo Roma ai miei piedi, ero felice perché stavo facendo ciò che avevo sempre sognato e addirittura mi pagavano per farlo".

 

Descrivici i libri scritti a quattro mani: “Dittatori, Hitler e Mussolini tra passioni e poteri” e “Tutte le donne del Presidente” sulla figura di John Fitzgerald Kennedy

Entrambi i libri fanno parte della collana "Amori maledetti". Un progetto vasto e ambizioso: un'indagine tra i più significativi personaggi della storia osservati attraverso lo sguardo della sfera privata. "Dittatori, Hitler e Mussolini tra passioni e poteri" ha riscosso molto successo proprio per le chicche e gli scorci inediti sui due colossi del secolo breve. "Tutte le donne del Presidente" punta l'obiettivo sulle donne che hanno affiancato John Fitzgerald Kennedy: da Marilyn Monroe a Jacqueline Onassis, per sfiorare Maria Callas, fino a qualche anticipazione su Lady D, che avrebbe dovuto essere la protagonista del terzo volume.

 

Chiudiamo con l’ultimo libro: “Pino Scaccia, un inviato con l’anima”. Parlaci del viaggio fatto insieme a Pino e che stai proseguendo da sola con la promozione

Il "pupo" rappresenta una parentesi tra il secondo e il terzo libro della collana. Pino mi chiese di accompagnarlo in un volo straordinario nel suo rocambolesco passato di inviato. Abbiamo deciso di strutturarlo in forma dialogica. Così, in una cornice contemporanea ove percorriamo la penisola per presentare i nostri libri, si innestano i racconti di Pino. Qui i fatti più importanti degli ultimi trent'anni vengono alla luce attraverso lo sguardo di un testimone d'eccezione. Dei trenta capitoli che mi aveva prospettato, insieme siamo arrivati a terminare il settimo, prima della sua scomparsa improvvisa. Sentivo il dovere di portarlo a compimento, nonostante l'infinito dolore, e ho avuto sovente l'impressione che fosse proprio Pino a guidare la mia mano sulla tastiera.

 

Diamo uno sguardo al futuro, ai progetti rimasti in cantiere, quali pensi di portare avanti?

I progetti erano tanti: la collana avrebbe dovuto annoverare almeno una decina di volumi. Il prossimo sarebbe stato incentrato sulle principesse del secolo scorso. Al momento, forse mi dedicherò ad una storia interrotta prima della nostra collaborazione e che Pino mi aveva sovente invitato a continuare: una storia al femminile ambientata nel Biellese, la mia terra, la cui protagonista è una donna eccezionale che mi ha fatto da mamma dopo la morte prematura di mia madre, ossia la mia nonna-sprint. Poi non escludo di riprendere ciò che io e il mio fantastico compagno di penna avevamo ideato. Perché, come scrivo anche nel "pupo", "c'è ancora inchiostro nel suo calamaio".

 

Grazie Anna per il dono fatto a Menabò online e ai suoi lettori nel ricordo di un personaggio straordinario, che ha segnato la vita di tante persone. Non posso qui non ricordare il lavoro preziosissimo fatto a vantaggio dei tanti dispersi nella ritirata dalla Russia nella Seconda guerra mondiale, la sua disponibilità, il suo mettersi al servizio degli altri, di chi ha sofferto la perdita di affetti dispersi. Uno dei tanti momenti che fanno di Pino Scaccia un uomo, un giornalista, uno scrittore, un Amico davvero speciale.



Pino Scaccia, giornalista professionista dal 1974. E' stato uno degli inviati storici della Rai. Ha seguito i più importanti avvenimenti degli ultimi trent'anni: dalla prima guerra del golfo al conflitto balcanico, dalla disgregazione dell'Unione Sovietica alla crisi in Afghanistan e in Iraq fino alla rivolta in Libia.

Ha realizzato numerosi reportage in tutto il mondo, emergendo per alcuni "colpi" giornalistici: è stato il primo reporter occidentale ad entrare nella centrale di Chernobyl dopo il disastro, a documentare per primo i segreti negati dell'Armir, a scoprire i resti di Che Guevara in Bolivia e a mostrare le immagini fino a quel momento segrete dell'Area 51 nel deserto del Nevada.

Si è occupato inoltre di cronaca con particolare attenzione a mafia, terrorismo e sequestri di persona. Prima di dedicarsi a tempo pieno all'attività di scrittore, è stato capo redattore dei servizi speciali del Tg1.

Ha vinto, fra gli altri, il premio cronista dell'anno per lo scoop su Farouk Kassam, il premio Ilaria Alpi e il premio Paolo Borsellino.

Ha pubblicato numerosi libri dedicati alla tragedia degli italiani in Unione Sovietica con l'Armir nel 1943.

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