Il viaggio dell'eroe e il processo individuativo
Stefano Negri, Monaci birmani

Il viaggio dell'eroe e il processo individuativo

diCinzia Caputo

Fino a quando non avrai reso conscio l’inconscio,

quest’ultimo dirigerà la tua vita e tu lo chiamerai “destino”.

Carl Gustav Jung

 

L’archetipo dell’Eroe descritto da Jung, corrisponde all’esperienza di morte e rinascita collegata al viaggio negli inferi della vita interiore che nelle società tribali arcaiche era affrontata dallo sciamano per tutta la collettività. Per l’individuo moderno isolato all’interno della sua complessa struttura collettiva è necessario invece, un viaggio individuale che Jung definisce processo di individuazione.  

Questo processo spinge il soggetto ad attraversare delle tappe psicologiche che dovrebbero condurlo ad esperire la propria totalità, quella parte cioè chiamata Sé che è prima dell’io e che spinge l’essere umano a sviluppare il suo proprio personale progetto. Scoprire la propria vocazione significa trovare il senso della propria esistenza, liberi da ogni nevrosi. 

Jung considera la figura dell’eroe il miglior simbolo dell’energia psichica perché è un simbolo di trasformazione. Questa trasformazione implica il passaggio di un io ingenuo che attraverso la sofferenza dello smembramento nell’inconscio (morte rituale) e a un ritorno (la rinascita rituale) ritrova una coscienza più ampia.

Secondo Josef Campbell, studioso di mitologia, profondamente influenzato dalle teorie Junghiane, il viaggio dell’eroe consiste di tre stadi: separazione, iniziazione e ritorno con il dono. Egli sostiene che il modello mitico dell’eroe è un modello universale che si riscontra in tutte le culture.

Il Viaggio dell’Eroe è una struttura narrativa, tanto che alcuni sostengono che tutti i racconti in realtà non siano altro che le infinite variazioni di un’unica grande storia:  “Il Viaggio dell’Eroe”. La maggior parte delle fiabe, dei miti, dei film seguirebbe quindi gli stessi passaggi narrativi. Nella nostra vita possiamo riconoscere almeno due grandi Viaggi dell’eroe con relativo combattimento contro il drago. Uno si svolge nella prima metà della vita e l’altro nella seconda. Ogni viaggio attraversa varie fasi e/o crisi. 


Il primo viaggio: Inizialmente il neonato è un tutt’uno con la madre e quindi totalmente avviluppato nell‘inconscio. Questo primo combattimento termina con il distacco dalla Madre e con la nascita eroica dell’Io. La seconda crisi è quella della pubertà, in cui il combattimento con il drago si svolge su un nuovo piano. Qui la struttura dell’Io viene fissata in maniera definitiva. Il comportamento che il collettivo esige dal bambino implica il sacrificio dei suoi sentimenti e delle reazioni spontanee per far posto alla “ragionevolezza” e alla “buona condotta”. Dovrà poi uccidere la Madre (inconscio), allontanarsene per poi rientrarvi solo consapevolmente. In seguito dovrà affrontare il Padre, colui che stabilisce le leggi, ossia, il vecchio sistema dominante. L’eroe vuole la trasformazione del mondo, mentre il Padre vorrebbe tramandare in lui la legge. Dovrà quindi tagliare definitivamente con i genitori originari.

Il secondo viaggio: Nella seconda metà della vita si arriva ad un processo di trasformazione dove l’Io, attraverso la riflessione su sé stesso, arriva a prendere coscienza del Sé. E quindi l’azione, fino ad allora inconscia del Sé, si trasforma in un’influenza cosciente. La trasformazione è sempre il risultato del combattimento contro il Drago.

Per Eric Neumann autore e sistematizzatore del pensiero junghiano, la prigioniera da liberare è ‘qualcosa di interno, cioè la stessa anima, il suo immenso potere creativo che è in balia di un mostro, una strega o un mago, oppure un padre cattivo o una madre cattiva che non vogliono l’emancipazione dell’eroe.

Il terreno da cui trae nutrimento l’anima è la vita naturale, chi non la segue rimane disseccato, per questo molte persone inaridiscono con l’età, si volgono indietro con rimpianto e paura del futuro. In questo modo si sottraggono al processo vitale e perdono il contatto con il presente.  Jung si è molto interrogato su questo tema sviluppando una psicologia e una visione dell’uomo che presuppone una realtà dell’anima e una percezione della sua immortalità, un divenire del Sé. In particolare i sogni rivelano una particolare tessitura che tende ad un fine, ad una sintesi, all’unità. L’attività psichica inconscia infatti, produce immagini e simboli che rimandano al mutamento e alla rinascita.


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