L'emozione poetica
Elio Scarciglia, astratto 8

L'emozione poetica

diLucio Macchia

Provate a chiedere a qualcuno cosa sia la poesia, a cosa tenda. Quasi sicuramente la risposta del vostro interlocutore, a prescindere dalla sua preparazione in materia, conterrà la parola “emozione”. Tutti saranno concordi nel dire che la poesia è concepita per e-muovere, per sollecitare, evocare, colpire. Ma in cosa davvero consiste questa “emozione poetica”? Spesso ci si rende conto che la parola, specie per i meno “introdotti” all’argomento, indica un certo sentimentalismo tinto di note neoromantiche, una tendenza alla commozione, o alla pura esaltazione dei vari toni sentimentali. Tristezza, malinconia, amore, gioia, eccitazione. A ben vedere, però, il tracciato della lirica moderna e contemporanea non aderisce a tale dimensione, anzi spesso si muove su percorsi completamente diversi. Per recuperare il codice genetico della poesia che più ci è vicina, quella che si dirama da Baudelaire in poi, riferiamoci a un saggio di Edgar Allan Poe, che di Baudelaire fu fonte di ispirazione e infinita ammirazione: «De Maistre e Edgar Poe mi hanno insegnato a ragionare»[i]. Il saggio in questione è il famoso The poetic principle[ii] (1850) che contiene le intuizioni sul poetico di Poe che, attraverso Baudelaire e i simbolisti francesi, andranno a permeare tutta l’arte lirica moderna. Il movimento di Poe, che segna come un marchio la svolta artistica della lirica nell’Ottocento, è il “distacco dal cuore”. Il nocciolo di tale approccio è che la poesia deve senz’altro emozionare, ma non a livello degli effimeri moti sentimentali, bensì molto più in profondità. Punta ai fondali oceanici dell’essere e non alle superficiali increspature delle onde emotive. Poe afferma che la manifestazione del poetico «avviene sempre attraverso un esaltante eccitamento dello spirito, del tutto indipendente dalla Passione, che è intossicazione del cuore, o dalla Verità, che è appagamento della ragione. Perché la Passione, ahimè, tende a degradare piuttosto che ad esaltare l’anima»[iii]. Baudelaire, nelle sue riflessioni sul poetico, affonda ancor più decisamente la lama: «La capacità di sentire del cuore non è propizia al lavoro poetico»[iv]. Il respiro della poesia cambia per sempre. Vi è un distacco dal “semplice cuore”, e il gesto poetico viene riferito all’essenza del soggetto, a una verità che si pone oltre i capricci del sentimento. Da ciò conseguirà un atteggiamento del poeta più centrato sulla sua fantasia creatrice e sulla ricerca formale, piuttosto che sulla raccolta immediata di ciò che sgorga dall’interiorità. Questo implica una maggiore “freddezza” compositiva? Certamente sì. E un’assenza di emozione? Assolutamente no. L’emozione però assume una configurazione differente. E-muovere il lettore rimane lo scopo del poetico, ma il movimento punta “all’anima”, alla profondità. L’espressione diretta delle emozioni nel loro fluire, tipica di un certo romanticismo, è svelata come un gioco effimero, riflessione perpetua tra i molteplici stati psicologici che piuttosto distraggono dal nucleo più proprio dell’esperienza umana. Nell’era della tecnica, la poesia muta radicalmente il suo ruolo: non più intrattenimento, né racconto più o meno epico, né veicolo di idee filosofico-religiose. E neanche semplice espressione sentimentale. Diviene, con un moto retrogrado alle sue radici orfiche, la sede di una concezione esistenziale che si oppone ai valori del razionalismo, con un radicale recupero di una fantasia attiva, poietica, che ricrea il mondo nella sua immediatezza e pienezza vitali. In questo orizzonte, “emozionare” significa dare accesso a una esperienza totale della vita, ricreare con le parole gli “stati di grazia” di risonanza profonda con l’esperienza del vivere. Valéry, circa ottanta anni dopo Poe e Baudelaire, lo esprimerà in modo preciso: «Ci interessa opporre il più nettamente possibile l’emozione poetica all’emozione ordinaria. Questa separazione è abbastanza delicata da portare a compimento, poiché nei fatti non si realizza mai. Si trovano sempre mescolate all’emozione poetica essenziale la tenerezza o la tristezza, il furore, il timore o la speranza; e gli interessi e gli affetti particolari dell’individuo non lasciano che ci si accordi a questa sensazione di universo che è caratteristica della poesia»[v]. L’osservazione di V. è ricca di spunti: innanzi tutto ribadisce che l’emozione poetica è altro dall’emozione ordinaria. In secondo luogo, precisa che le due sfere emotive sono in pratica sempre compresenti, per cui è facile confonderle, ma in realtà le emozioni “del cuore” sono piuttosto un correlato – quasi di disturbo – rispetto al tono fondamentale, che è quello di una emozione più profonda e ricca, che nasce dal sentire la pienezza delle cose, da un rapporto radicale tra la sensibilità del soggetto e il mondo. Un movimento ulteriore, più proiettato sulla contemporaneità, in questo “distacco dal cuore”, lo troviamo in Derrida che gioca sul doppio significato in francese della parola. Afferma che la poesia non è “cuore” in quanto sentimento o intuito o rivelazione: «non il cuore che pulsa nelle frasi traducibili senza rischio in ogni lingua»[vi]. “Cuore” assunto, invece, nel senso di “imparare a memoria” (in francese “apprendre par coeur”) del «dettato» poetico. La poesia acquisisce il connotato di un dire che viene dettato per essere appreso a memoria: il suo senso sembra riporsi nel corporeo tessuto testuale stesso che si affida alla possibilità – totalmente irriferita – di giungere all’altro perché lo apprenda a memoria, direttamente, senza mediazioni, in questa dimensione aporetica del “par coeur”. In chiusura di questo rapido excursus, riallacciandoci a quanto detto in apertura, possiamo concludere che la parola “emozione” ha senz’altro a che fare con la poesia, con una modalità, però, non afferrabile dal senso comune, essendovi una distinzione sottile ma cruciale tra “emozione ordinaria” e “emozione poetica”: in tale distinzione giace il senso più profondo del gesto poetico, la sua specificità, la sua stessa necessità.



[i] C. Baudelaire, Il mio cuore messo a nudo, Adelphi eBook a cura di D. Grange Fiori, Pos. Kindle 311

[ii] Ho potuto attingere alla traduzione italiana, Il principio poetico, contenuta in E.A. Poe, Tutti i racconti, le poesie…, e-Newton Classici (edizione Kindle)

[iii] Poe, op. cit. Pos. Kindle 21470

[iv] La citazione è tratta da H. Friedrich, La struttura della lirica moderna, Garzanti 2002 (prima ed. originale 1956) p. 36

[v] P. Valéry, Necessità di poesia (Spider&Fish, 2020) curato da P. Imperio, che raccoglie una serie di saggi di Valéry, p. 26-27

[vi] J. Derrida, Che cos’è la poesia? (dal numero di gennaio-febbraio 1990 della rivista Aut Aut, p. 122)


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