Quando il clacson diventa un tango
Foto di Elio Scarciglia

Quando il clacson diventa un tango

diCarol Guarascio

Pasquale Vitagliano Icone e Labirinti

Nella piacevolissima collana “quindici per quindici”, con un’opera di Eduardo De Candia in copertina, è uscito per Terra d’ulivi Edizioni nel 2020 “Icone e Labirinti”, ovvero una raccolta di 20 ritratti poetici sapientemente affrescati da Pasquale Vitagliano, poeta, giornalista e critico letterario, nonché caporedattore di Menabò. Il suo nome compare nell’Atlante dei poeti curato dall’Università di Bologna.

Entrando nel vivo dell’opera e sfogliandone le pagine, scopriamo che l’autore ha scelto venti personaggi legati alla letteratura, allo sport come Pantani, alla politica, al cinema o semplicemente persone comuni di cui ci tratteggia un aspetto o ci narra qualcosa. Ne risulta una interessante carrellata di sensazioni e immagini estremamente evocative e suggestive.

Come quando dedica “Cristi senza miracoli” a Danilo Dolci: anche ai Poveri Cristi può toccare di camminare sull’acqua perché, se fa molto freddo, senza bisogno di miracoli, l’acqua può semplicemente trasformarsi in ghiaccio ed essere attraversata.

 

O nella poesia per Frank Capra dove si legge

 

Alle 19,30 aspettando nient’altro che la cena,

ho finalmente compreso che in fondo

non è un dramma se la vita non è meravigliosa.

 

Se la mia anima avesse una forma sarebbe

questo bicchiere vuoto al centro della tavola.

 

Dunque di ogni personaggio si va a toccare l’aspetto più caratterizzante, ma lo si smonta o lo si rovescia, attraversandone il senso e arrivando ad elaborarne un’immagine nuova o proponendo un nuovo concetto da esso derivato.

 

Molto bella “Vicinanze” dedicata a Fernando Pessoa:

 

Mi stava a fianco,

nel cortile di un ospedale

un uomo ubriaco-

Lui dormiva su una panchina

mentre io leggevo Pessoa.

 

Eravamo due pianeti,

eravamo entrambi soli.

Un vigile lo cacciò

e io smisi di leggere.

Restammo entrambi soli.

 

Io vedo dal mio villaggio

quanto si può vedere dell’universo,

Quando l’universo

casca

nelle mie giornate.

 

Quando l’universo casca nelle mie giornate. Non c’è luogo in cui dobbiamo fuggire se tutto ciò che rappresenta l’universo è dentro il nostro villaggio e fa parte anzi invade il nostro mondo. L’universo si vede dalla finestra di ogni casa, dunque ogni casa è un pianeta a sé, come le persone.

 

E poi c’è un passaggio interessante nella “Percussio armorum” dedicata ai Pink Floyd:

 

L’umanità s’è di nuovo smarrita

E dentro questo caos

Abnorme è il mio sentimento di giustizia

Profondissima la mia pietà

Abissale la mia impotenza

In attesa che i clacson

Trasfigurino

In un tango argentino.

 

Qui ancora una volta il rapporto io - mondo è dicotomico, gli uomini si sono smarriti e si è creato un grande caos. Nel microcosmo, che però ci appare necessariamente dilatato, restano enormi il senso di giustizia, la pietà, l’impotenza del poeta che ci appaiono come il risultato di una certa insoddisfazione radicata.

Non resta allora (al poeta e a noi) che aspettare che ciò che è solo suono possa sublimare in musica sensuale. Che è esattamente ciò che fa la poesia.


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