Raffaela Fazio - Gli spostamenti del desiderio
Elio Scarciglia, Matera

Raffaela Fazio - Gli spostamenti del desiderio

diFloriana Coppola

Non siamo/le parole che pensiamo/ piuttosto toni/ di foreste attraversate/ da un unico Respiro./ Ci conosciamo/ come si appartiene chi contiene/( a distanza di materia) un’uguale/ radice di suoni, primordiale./…


Nella sua nuova silloge, Gli spostamenti del desiderio, edita da Moretti&Vitali, Raffaela Fazio produce una poderosa architettura poetica e filosofica, utilizzando una scrittura complessa e ampiamente stratificata. Tema centrale è il desiderio che indica il movimento dell’esistere, il passaggio dinamico dalla solitudine dell’io all’immaginazione del tu. Questo ponte tra la prima e la seconda persona conosce la vertigine del rischio della caduta. L’arte di cadere nell’altro, di lasciarsi andare al vortice emotivo e affettivo di questo “spostamento”. Spostamento di una prospettiva esistenziale che presuppone l’abbandono della dimensione monadica e solipsistica dell’individuo, per abbandonarsi nello slancio verso l’altro.  

La sua scrittura poetica  diventa lo specchio autentico e sofferto di un dialogo interiore con una pluralità di voci umane e letterarie. Il progetto poetico edifica un’ingegneria del verso tanto solida, quanto coerente. Sostiene la trama dei versi una grande musicalità. L’autrice si confronta con il mondo letterario che ha attraversato come esperta traduttrice e sensibile letterata,  si interroga ad ogni pagina sul valore e sul senso della vita e della morte,  utilizzando la storia,  l’arte, la filosofia  e  il cinema. Ogni citazione arricchisce il testo di una densità semantica e metaforica di grande valore, segno drammatico di una ricerca infinita di  senso. Gli spostamenti del desiderio si aprono con un lutto irrimediabile, materia dolorosamente autobiografica e finiscono con alcuni testi dedicati a Etty Hillesum, morta ad Auschwitz nel 1943. 


Se avessi saputo/quanto è vera la morte/avrei silenziato/l’assalto alle tempie/usato le armi/avrei in me spogliato/ fini all’ultima maglia il nemico./ Se avessi capito/che la morte non rende ciò che porta via/ in battaglia/ sarebbe stato il colpo/ non questo suono bianco/ incessante distorto/ di corno/ nelle retrovie.


Le cinque sezioni sono arricchite da citazioni pregnanti, che vanno lette con attenzione. L’iniziale pensiero di Marcel Proust, preso dall’opera “Alla ricerca del tempo perduto”, apre la prima parte, immergendoci subito in una struggente vibrazione affettiva. Il desiderio come afferma Lacan vive della mancanza, è nell’etimo stesso della parola: de-sidus, mancanza di stelle. Nella bella prefazione Alfredo Renzi richiama questa condizione di inaccessibilità del cielo e di  ineluttabile attaccamento alla terra, due spostamenti contemporanei che rendono bene l’inquietudine che affanna l’anima. Le varie titolazioni della silloge sono relative all’atto della visione: Black out, Proiettivo, Materia oscura, Match cuts, Retina inversa. Vocaboli mutuati dall’arte della fotografia e del cinema, dimensioni che amplificano lo sguardo lirico. Le videoclip su youtube dedicate a quest’ultima opera indicano perfettamente l’importanza che ha per l’autrice la contaminazione  tra tutti i codici artistici. La seconda sezione si apre con la citazione di J.J. Wunenburger da “La filosofia delle immagini”, altro indizio importante da tenere presente. Parola e immagine si mescolano in un intreccio magmatico di grande impatto emotivo, ognuna cede all’altra il suo potere evocativo e lo moltiplica. I continui rimandi al cinema, come la dedica a Steven Spielberg, sono altre direzioni di ricerca interne al testo. Una lettura che lascia senza fiato. 


Cosa imperfetta/l’amore/se il mio non basta/ a rendermi reale/ se il tuo mi vuole/ mi crea poi si distoglie./Deleghi al bosco/ il mio destino – mi dici stai lontano/ da chi ti crede scarto di ferraglia./ Ma tu/ chi credi io sia?/ Non sono/ un conto che ritorna/ un vuoto che si colma/Sono soltanto/ il tempo che mi presti/ la cura con cui vesti la mia non-adesione/ il modo in cui mi vedi/ oltre lo sbaglio./ Cosa imperfetta/ anche questa fede/ che mi trattiene tutto/ dentro al ghiaccio.


Desiderio e immaginazione, forza della memoria e sapienza della parola,  coordinate che si intrecciano dinamicamente con il riferimento alla cinematografia fantascientifica, uno sfondo che incornicia ogni testo in una dimensione surreale e distopica di grande sconforto e fascinazione.  La poesia  permette di avere uno sguardo lucido sulle cose del mondo, aiuta a  percepire l’altro nei punti di congiunzione e di differenza, pur sapendo di essere così complessi e poi lontani, presi e  animati da forti aspettative, e poi persi nel vuoto.  Desiderio e delusione, fame di senso e appagamento,  sono direzioni  prevedibili  che  bisogna affrontare sempre con piena consapevolezza. In ogni movimento dell’anima arriva quel senso di vuoto e di perdita incolmabile. Desiderare il contatto, vivere fino in fondo la perdita,  implicano la capacità di reggere il rischio della lontananza e della cecità, quella sordità spirituale che ci rende orfani e drammaticamente soli. Bisogna accettare con onestà il limite e la scrittura diventa un esercizio quotidiano di resistenza alle frustrazioni e al dolore  derivanti dagli spostamenti del desiderio.  


Tra i tanti fiori con cui mi hai sorpreso/ dovrei trovarne almeno uno adatto/ al freddo della pietra./ Ma nessuna pietra/ terrà stretto il tuo corpo./ E nessun fiore/ giglio tulipano girasole/ lavanda iris calla margherita/ avrà bellezza e memoria/ per il tuo lutto/ perché a me/ si è già dato tutto / caro ranuncolo giacinto/ peonia ortensia rosa/ a me che di tutto/ ciò che ero per me/ sono da sempre, per sempre/ gelosa.


Animati da una complessità che sfianca, ogni persona brama intensamente di stare in connessione con l’altro, pur sapendo che si può trattare di una illusione. Raffaela Fazio parla dell’amore e di come ci renda vulnerabili e accorti, permeabili al desiderio di essere compresi pienamente, pur non coincidendo nella realtà. Ogni desiderio implica la sapienza dell’abbandonarsi, il rischio della dimenticanza e dell’oblio, presuppone la tenerezza lucida del saper lasciare uno spazio all’altro, per poi lasciarlo in una zona d’ombra, non sempre chiarita da un’ ingannevole identificazione. Appassionata di iconografia cristiana e traduttrice, intreccia  immagini  in una visione simbolica di grande seduzione. La sua inclinazione personale segue  il gusto di leggere la realtà come una grande “foresta di simboli”, il “nuovo” esiste nel  “vecchio”, percependo il tessuto connettivo che unisce ogni cosa. Questo  gioco di accostamenti e di richiami contiene  un mistero intricato, costituito da archetipi, motivi e temi che raccolgono suggestioni spirituali e mitologiche. La parola di Raffaela Fazio si nutre di un immaginario policodico  che intreccia  le arti tutte, la poesia, la pittura, il cinema e la musica.  animata da una tensione verso l’indicibile. 


Per il peso/ in me della tua vita/ vorrei una distanza dal tuo impatto/ lo spazio che mi spetta/di crescita e di arresa/ come frutto sospeso/ancora verde/nel mio grande azzardo/oltre l’uguale.


Lei confessa in una intervista il suo gusto per la  riflessione sovversiva, che libera  il quotidiano dalla sua patina di banalità. Bisogna allenare lo sguardo allo stupore.


“Lo spirituale così inteso non è un semplice rimando all’invisibile che ci sovrasta o che si rende tangibile nel contingente; è piuttosto un’apertura dell’esperibile a ciò che è esperibile diversamente, più intensamente. Il risultato è lo stupore, e spesso l’inquietudine.”


La poesia è in grado di traghettare qualcosa da una riva all’altra, operando come una trasformazione magica della cosa stessa, dice ancora. Riconosce un legame con la vita e la morte, E’ scandaglio e risonanza, desiderio di comprensione e necessità di scardinamento. Dare voce al taciuto, a ciò che rimane nell’ombra. Rimane, dopo la lettura di quest’opera complessa e fortemente voluta, la percezione di una grammatura sottile e preziosa, di un distillato puro di anima, mente e corpo che si incista nel verso e si amplifica dentro come quelle vertigini assolute che possono prendere in alta quota, respirando profondamente un’aria densa di ossigeno, aria a cui non siamo abituati a sostenere.

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