La tenacia del giardiniere
Paola Casulli - Filippine

La tenacia del giardiniere

diElisabetta Baldisserotto

Justin Quayle è un diplomatico inglese, di stanza a Nairobi, amante del giardinaggio. Passa il tempo libero a strappare erbacce, potare, annaffiare, trapiantare, seminare, recidere fiori nel suo giardino. Si prende cura delle piante come sua moglie Tessa, impegnata in attività umanitarie, si prende cura delle persone: donne e bambini africani poveri e ammalati.

Un giorno Tessa viene ritrovata uccisa sulla sponda orientale del lago Turkana. La jeep su cui viaggiava è stata attaccata, l’autista decapitato e il dottor Arnold Bluhm, suo collaboratore, è  scomparso.


Comincia così il romanzo di John Le Carré, Il giardiniere tenace, pubblicato da Mondadori nel 2001 e da cui, nel 2005, è stato tratto un film con Ralph Fiennes e Rachel Weisz. 

Comincia così anche l’indagine di Justin il quale, non convinto della versione della polizia che parla di crimine a sfondo passionale, ripercorre con tenacia e determinazione le orme di Tessa, e scopre che stava conducendo un’indagine sull’operato delle Big Pharma in Africa. 

Le grandi case farmaceutiche stanno distribuendo un nuovo medicinale contro la tubercolosi senza informare le persone degli effetti collaterali, anche gravi, cui possono andare incontro. Anzi, le obbligano ad assumerlo negando loro altre cure mediche qualora lo rifiutassero. Muoiono così molte persone, ma i dati vengono insabbiati e i cadaveri fatti sparire. Il tutto con la complicità di medici, ricercatori e apparati governativi.

Il farmaco in questione, il Dypraxa, è un buon farmaco, che avrebbe però bisogno di almeno cinque anni per essere messo a punto. Troppo tempo e troppo denaro secondo le case farmaceutiche che preferiscono sacrificare vite umane piuttosto che impegnarsi in trial strutturati. Come risulta dall’interrogatorio di un rappresentante di Big Pharma da parte di un ispettore di polizia che indaga sulla morte di Tessa,: “– Che cosa mi può dire delle sperimentazioni cliniche? Non dovreste farvene carico voi? – No, no. Lei non è bene informato su questo punto, Rob. Non se parliamo di una sperimentazione strutturata, in doppio cieco, e così via. – E allora di che cosa parliamo? – Non si sperimenta un farmaco quando è già in commercio. Non si fa. Una volta che un farmaco viene distribuito in un paese con l’appoggio totale del ministro della Sanità, ormai è fatta. – Allora quali sperimentazioni, quali test, quali prove conducete, se ne conducete? – Senta, moderi il tono, okay? Se parliamo di confermare i risultati di un farmaco valido come questo, in vista della distribuzione in un altro paese importante, allora è vero che indirettamente quello che stiamo facendo qui può chiamarsi sperimentazione. In quel senso soltanto, però. Mi segue? – Non proprio. Stavo aspettando la parola cavia. – Quello che posso dirle è che per certi versi ogni paziente rappresenta un esperimento a vantaggio di un bene più grande. Non stiamo parlando di cavie. Lasci perdere. Per di più il ministero della Sanità keniota è dalla nostra parte. – Nel senso che vi dà una mano a far sparire i cadaveri?”.

L’indagine di Justin, ricca di colpi di scena, comporta per lui (e per il lettore) la perdita dell’innocenza, poiché lo conduce a confrontarsi con l’avidità, il cinismo, la corruzione e la criminalità presente in tutte le istituzioni, anche quelle che dovrebbero tutelare la salute pubblica: “L’Organizzazione Mondiale della Sanità prende i soldi dall’America”, gli rivela una collaboratrice di Tessa, “il che significa che favorisce le grandi corporation, venera il dio Guadagno e non ama le decisioni radicali. Vada a qualsiasi assemblea dell’OMS. Sa che cosa vedrà? Lobbisti. Pierre di grandi case farmaceutiche. A decine. Le più grosse ne mandano tre o quattro alla volta”.

Nel mondo globalizzato, infatti, anche i governi europei e quello americano, non soltanto i governi dei paesi in via di sviluppo, sottostanno ai diktat di Big Pharma: “Credi che siano i governi a controllare il mondo? Tornatene a lezione di catechismo, ragazzo! Adesso si canta ‘Dio salvi le multinazionali’, lo sai?”.

In particolare la responsabilità del governo inglese nella morte di Tessa appare evidente a Justin grazie alla confessione di un cancelliere dell’Alto commissariato britannico: “– Quelli di Basilea hanno avanzato l’ipotesi di aprire un grande stabilimento chimico nel Galles meridionale e un altro in Cornovaglia nel giro di tre anni. Più un terzo in Irlanda del Nord. Per portare benessere e prosperità nelle nostre zone depresse. Ma se partiamo in quarta sul Dypraxa si tirano indietro. – Partiamo in quarta? – Il farmaco era ancora in fase di sperimentazione. E lo è tuttora, in teoria. Se avvelena gente che sarebbe morta comunque, che problema c’è? Voglio dire, Cristo, Justin. Su qualcuno i farmaci bisogna ben sperimentarli, no? Voglio dire, chi si sceglie, perdio? Voglio dire, Gesù, non spetta al ministero degli Esteri britannico pronunciarsi sulla sicurezza dei farmaci non autoctoni, ti pare? Deve agevolare l’industria britannica, non andare in giro a raccontare che una società inglese sta avvelenando i suoi clienti in Africa. Conosci le regole del gioco. Non siamo pagati per avere il cuore tenero”. 

Molte altre sono le scioccanti scoperte a cui giungerà il tenace Justin e per le quali pagherà un prezzo altissimo. 

Un romanzo di denuncia questo di Le Carré che, per scriverlo, si è ispirato ai fatti di Kano, ovvero all’incresciosa vicenda della sperimentazione non autorizzata di un antibiotico contro la meningite in Nigeria: il Trovan della Pfizer.

Un romanzo estremamente documentato, dedicato all’attivista Yvette Pierpaoli morta in circostanze simili a quelle di Tessa. 

Un romanzo quanto mai attuale che illumina di una luce sinistra le vicende che coinvolgono tutto il mondo da due anni a questa parte.

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