Roma e le sue piazze
“Quanto sei bella Roma quand’è sera
Quando la luna se specchia dentro al fontanone”
Antonello Venditti, Roma Capoccia 1983
Arrivando a Roma verso sera si colgono gli aspetti più suggestivi della città, mentre si accendono i lampioni e si scurisce il cielo i monumenti e i luoghi sfumano i loro contorni mostrando le storie più intime e nascoste.
L’aria si fa vibrante mentre gli uccelli si lanciano nell’ultimo volo della sera e la città respira nel narrare la sua lunga storia.
Ne porta i segni lungo i selciati, i muri, le piazze, le facciate di palazzi e di chiese; illuminati singolarmente ora è come se acquistassero voce.
E sono così tante che occorre avvicinarsi bene ad una tenendo in sottofondo le altre per ascoltare ed entrare in quel tempo.
Sullo sfondo di una cupola barocca si leva l’essenzialità e la potenza della Colonna Traiana, 110-113 d. C.
Questa segna il centro del luogo di passaggio tra l’antica Basilica Ulpia e il tempio di Traiano nell’articolato Foro a lui dedicato. A destra e a sinistra della Colonna due piccole biblioteche, provviste di un doppio loggiato, consentivano la lettura di quanto rappresentato, non tanto legato ad episodi di conquista e sottomissione del popolo vinto quanto alla successiva amministrazione di Roma. Da questo spazio ristretto la statua dell’imperatore, posta a coronamento e in sommità, appariva ancor più imponente e rassicurante.
Era questo non solo un luogo celebrativo ma anche funerario perché alla base del grande piedistallo una porta conduce a una rampa di scala a chiocciola che attraversa l’interno cavo della colonna per arrivare in cima dove si aprivano tre piccole stanze, la più interna delle quali custodiva due urne d’oro contenenti le ceneri di Traiano e di sua moglie Plotina.
Come tutte le statue e i bassorilievi posti su templi e su basiliche la colonna era colorata in modo vivace così da essere più visibile e leggibile nei suoi quaranta metri complessivi.
Il Foro di Traiano fu realizzato probabilmente su progetto di Apolloro di Damasco ed era organizzato su un asse longitudinale sul quale si apriva la grande piazza absidata e su cui innestavano i corpi delle basiliche e dei templi, ammagliati lungo i perimetri da ampi porticati.
In articolata successione spaziale gli altri Fori si perdono in lontananza; a tendere l’orecchio giunge ancora l’allegro gridare dei mercanti, i lunghi dibattiti politici, gli inni solenni delle processioni.
Altre voci prendono però ora il sopravvento, provengono al di là dell’Altare della Patria, si potrebbe raggiungerle o da dietro, attraversando parte dei Fori, oppure davanti per ammirare e godere delle due rampe che portano su al Campidoglio.
Partono vicine al livello della strada le due scalinate per poi discostarsi e divergere nella salita.
Duecento anni le separano e il contrasto tra la semplicità della prima e l’eleganza della seconda ci indicano pienamente il mutare della civiltà e della storia. La cordonata michelangiolesca, progettata nell’ambito della sistemazione urbana per la venuta in città dell’imperatore Carlo V, è uno degli esempi più importanti della Roma rinascimentale, mentre la ripida e disadorna scalinata che porta alla Chiesa di Santa Maria in Aracoeli è tipica del medioevo.
Costituita da più di cento gradini di marmo conduce alla sommità del colle capitolino, la cosiddetta Arx, luogo sacro già dal VI secolo.
Fu realizzata nel XIV secolo come voto alla Vergine perché ponesse fine alla peste e spesso veniva percorsa in ginocchio per ricevere una grazia richiesta, era dunque considerata una vera e propria “scala santa”.
In alto accoglie la basilica di forma romanico gotica e con facciata in cotto, così come la vollero i francescani che avevano ristrutturato tutto il complesso avuto in concessione da papa Innocenzo IV.
Più di altre chiese o basiliche, dedicate a celebrare il fasto e la potenza del clero, l’Aracoeli è stata la chiesa del popolo romano, quella che dava protezione e ricovero.
Sino al seicento i contadini usavano arrivare la sera e accamparsi la notte sui suoi gradini più ampi per vendere l’indomani i prodotti dei campi. Consuetudine stroncata da un principe che aveva dimora vicina e che una notte fece precipitare sulla rampa botti piene di pietre causando morti e feriti. La scalinata restò chiusa da allora con grandi cancelli e così rimase sino alla fine dell’Ottocento.
Di tutt’altro stile e aspetto è la cordonata capitolina progettata da Michelangelo nell’ambito del riassetto urbano del Campidoglio, 1537.
Di agevole transito, perché pensata anche alla percorrenza di uomini a cavallo, si allarga leggermente verso l’alto dove sono poste in chiusura le grandi statue dei Dioscuri.
Ci si trova all’interno di una piazza il cui fuoco ottico è la statua di Marco Aurelio posta su un alto podio da cui si diparte una pavimentazione a forma di stella inserita in un ovale, simbolo di una centralità ritrovata per la sede di rappresentanza dell’amministrazione civile.
L’asse principale dell’ellisse è perpendicolare al Palazzo Senatorio, sfondo della visuale principale con scala in facciata a due rampe che lo raccordano così alla piazza. Il Palazzo dei Conservatori venne ricostruito e mantenuto nel suo orientamento obliquo rispetto al primo, ne risultava uno spazio trapezoidale che Michelangelo accentuò ancor di più con la costruzione di un nuovo palazzo denominato Nuovo, che, simmetricamente ribaltato rispetto all’altro, chiudeva la visuale sulla Basilica vicina e rendeva la piazza aperta solo sul lato minore, quello della cordonata.
In questo modo Michelangelo ottenne l’effetto illusionistico di avvicinare il fronte del palazzo senatorio per chi entra nella piazza e, viceversa, di dare un senso di maggiore profondità a chi ne esce.
Non solo, pur conservando le scale di collegamento coi Fori, con la cordonata collega la piazza con la parte nord della città, ribaltando in questo modo lo spazio e rivolgendolo idealmente verso la Basilica di San Pietro, sede, all’epoca, del potere politico di Roma.
E intanto arriva la notte e la moltitudine di voci si fa indistinta, le sovrasta appena una, potente e salda; un attimo prima che faccia buio.
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